RADICALI ROMA

Procedure d'infrazione, in un anno 43 in meno

Emma Bonino, ministro per le Politiche comunitarie, è molto contenta della “pagella” appena ottenuta a Bruxelles, dove il collegio dei commissari si è riunito ieri per discutere le procedure d’infrazione. “Certo – osserva – è un lavoro faticoso ma i miei collaboratori sono bravissimi e si cominciano a vedere risultati tangibili”.

Come va la “partita doppia” del nostro contenzioso con l’Europa?
In quest’ultima tornata abbiamo avuto ben 63 archiviazioni: 47 procedure, tre ritiri del ricorso davanti alla Corte e 13 archiviazioni di reclami. Se guardiamo alle sole procedure nei confronti dell’Italia, 50 sono state chiuse e sette nuove sono state aperte. Il saldo netto, in un anno, è di 43 procedure in meno. In termini complessivi, l’anno scorso avevamo sulle spalle complessivamente 275 procedimenti e, con un pò di lavoro ai fianchi, grazie alla collaborazione di molte amministrazioni, oggi siamo a 210, il che non mi sembra male come “score”. Ed entro l’estate, contiamo di scendere sotto quota 200. Il che rappresenta il minimo storico rispetto al 2002.

Però l’Unione Europea ha aperto contro l’Italia sette procedimenti nuovi…
Guardi, a me questo sembra invece un dato interessante. Per darle un’idea: lo scorso anno a giugno ne hanno aperte 23; a ottobre 17 e sei a dicembre. Insomma, la tendenza è di netta riduzione dell’apertura di nuove procedure verso il nostro paese. E ci stiamo allineando ai comportamenti degli altri paesi europei: l’Unione Europea ha aperto infatti sette procedure nuove nei confronti del Regno Unito, nove verso la Francia, sette alla Germania, cinque alla Spagna. Del resto, per fare ulteriori passi avanti servono modifiche strutturali. E anche su questo terreno ci stiamo muovendo: con la legge comunitaria di quest’anno contiamo di allineare il termine della delega per il recepimento al termine fissato da ciascuna direttiva europea.

A proposito di direttive non recepite, in campo finanziario l’Italia è in ritardo con il recepimento della direttiva Mifid.
E’ vero, anche se in questo caso sono ben 24 i Paesi che ancora non l’hanno recepita. E, anche se non credo al “mal comune mezzo gaudio”, è probabile che su questo terreno l’Unione osservi ancora un atteggiamento di prudenza, proprio perché sono moltissimi i Paesi in ritardo. Invece, è stata aperta nei nostri confronti una procedura sulla questione delle discariche in Campania, ma ne eravamo coscienti quando abbiamo approvato il decreto.

E perché è stata aperta?
La procedura riguarda soprattutto il problema generale dello smaltimento dei rifiuti. In realtà il decreto, in quanto provvedimento d’urgenza, supera adempimenti ambientali e sanitari. Ma nella procedura della Commissione ci sono un richiamo abbastanza duro sulla situazione generale dello smaltimento dei rifiuti in quella regione e l’invito a uscire rapidamente dall’emergenza per arrivare a un nuovo regime ordinario sostenibile. La Commissione sarà in missione il 19 luglio in Campania per rendersi conto della situazione.

Si può dire che l’ambiente rimane il tasto dolente, per il quale finiamo regolarmente sulla lista dei cattivi?
E’ uno degli argomenti certamente più sensibili. E anche di difficile soluzione, qualche volta, perché implica responsabilità di enti locali. Noi, con un coordinamento sempre più stretto fra amministrazioni a livello centrale riusciamo a ridurre in modo abbastanza sostanziale reclami e procedure d’infrazione, ma poiché la stragrande maggioranza delle questioni ambientali implica vari livelli comprensivi di enti locali, queste rimangono il danno più sensibile. E’ vero che ci sono amministrazioni locali volenterose di uscire da questo bailamme. Ma, certo, l’ambiente, nella governance degli enti locali, è una delle materie più complesse.