RADICALI ROMA

Prodi accelera, ma resta il malumore dei laici

Nel gergo teatrale si direbbe «due parti in commedia». Ed è quello che hanno recitato e continuano a recitare molti protagonisti della vicenda sulle coppie di fatto. Ma quando il testo del ddl licenziato ieri pomeriggio dal governo arriverà al voto del Senato si aprirà il vero sipario e saranno dolori per il centrosinistra che molto difficilmente avrà la maggioranza per approvare il provvedimento. A parte qualche laico di Forza Italia, non sembra proprio che ci sarà la stampella di una parte dell’opposizione. Non ci saranno né i tre voti dell’Udeur né quelli dei teodem della Margherita. Anche se Mastella, Carra e Binetti assicurano che non faranno cadere il governo. E l’impresa sarà ancora più difficile quando la sinistra dell’Unione tenterà di «migliorare» il ddl.
Ecco, già la sinistra recita le «due parti in commedia»: per realismo politico e per portare a casa comunque un risultato, da Fassino e D’Alema fino ai gruppi parlamentari il messaggio ufficiale è quello di applaudire alla decisione del governo. In privato i Ds affilano le armi, dicono che il ddl è ancora acqua fresca, che bisognerà modificare la normativa, che bisognava pagare un prezzo sul merito per ottenere il blitz in Consiglio dei ministri e stoppare le manovre dilatorie di Rutelli. Qui si arriva al presidente della Margherita.
Di fronte all’impuntatura della maggioranza del suo partito guidata da Franceschini e Castagnetti (gli stessi che hanno voluto il documento dei 60 parlamentari della Margherita sulla laicità della politica), Rutelli era stato costretto a dare il via libera alla legge. Ma al vertice di ieri mattina a Palazzo Chigi, il vicepremier, sensibile al richiamo dei vescovi, ha cercato di modificare ulteriormente il testo del provvedimento nella parte che riguardava i gay, la dichiarazione all’anagrafe dei singoli, gli anni per ottenere il diritto di successione. E’ sull’articolo 1 che punta i piedi, per togliere quel riferimento agli omosessuali laddove la parte norma dice che «due persone maggiorenni, anche dello stesso sesso, uniti da reciproci vincoli affettivi…». Un modo per far slittare ancora il Consiglio dei ministri a quando Prodi ritornerà dal suo viaggio in India. «Voleva far saltare il tavolo», confidano sia nella Margherita che nella Quercia. A quel punto Rosy Bindi, che ha sudato sette camicie per portare in porto il Ddl, ha richiamato Rutelli ad attenersi al «mandato vincolante» ricevuto dal partito. Con la coda di un burrascoso colloquio telefonico tra Rutelli e Franceschini che avrebbe minacciato di sfiduciare il leader all’ufficio di presidenza.

Al vertice Rutelli le prova tutte: «Ma con tutte le cose urgenti che dobbiamo fare, vi pare che dobbiamo metterci a correre sulle coppie di fatto!». «Ha ragione Francesco», interviene Mastella che è contrario tout court alla legge, ma assicura che non metterà in crisi il governo. «Non possiamo continuare con questo valzer dei rinvii – taglia corto Prodi – e aspettare che io ritorni dall’India. Così ci facciamo ridere dietro dai nostri elettori. Dobbiamo chiudere con un compresso alto, poi in Parlamento si vedrà. Adesso si va in Consiglio dei ministri». Ad alzare la voce è stato D’Alema: «Guarda Francesco, che continuando in questo modo il Partito Democratico insieme non lo possiamo fare! Qui salta tutto e te ne assumi la responsabilità». Alla fine al vertice della mattina il «compromesso alto» è stato trovato.

Ma lo scontento serpeggia tra i teodem che attendono di leggere il testo e sospendono il giudizio su come votare in Parlamento (non sarà secondario il giudizio della Cei). La prova del fuoco sarà in Senato. Conti alla mano, senza quello di De Gregorio, i voti sono 157 pari, esclusi i sei senatori a vita e il presidente Franco Marini che non vota mai. Se vengono meno i tre voti dell’Udeur e i tre dei teodem (Bobba, Binetti e Baio) la situazione diventa drammatica per la maggioranza. C’è ancora molto tempo prima di arrivare al voto e non mettendo la fiducia, come ha annunciato il ministro Chiti, qualche sparuto e incerto voto di laici della Cdl potrebbe salvare l’Unione. A quel punto, però, le convenienze del centrodestra potrebbero far premio sulla libertà di coscienza.