RADICALI ROMA

Proposta a laici e cattolici: facciamo un corteo contro Ruini??

Su questa storia dei pacs, patti civili di solidarietà, ci vorrebbe proprio una grande manifestazione a Roma, di quelle che facciano storia, dove si renda visibile – si manifesti, appunto – il desiderio di diritti, di tolleranza, di laicità che riteniamo sia nelle corde della società civile. Malgrado Ruini che lancia proclami e anatemi. L’idea non è
originale ma qui in redazione ci sembra proprio saggia. Parte un giro di telefonate e scopriamo che non siamo i soli a pensarci.
Sostiene Antonio Tabucchi, da Lisbona: «Che cosa direbbe il cardinal Ruini
se le istituzioni italiane cominciassero a dissertare sul celibato ecclesiastico? Io vorrei dirgli che per me la laicità dello Stato è sacra.
Certo che ci vorrebbe una manifestazione e spero che veda la
partecipazione non solo dei soggetti che hanno una situazione personale da
risolvere, io sono sposato civilmente ma il mio appoggio c’è». Nel caso
venga convocata, ci sarà sicuramente Margherita Hack, che studia le stelle
dall’osservatorio di Trieste e non riesce a capire «perché certe coppie
debbano essere di serie B e perché la Chiesa metta il naso perfino nelle
vicende della Banca d’Italia». La celebre astrofisica pensa che aderirebbe gran parte della comunità scientifica «esclusi tre-quattro parrucconi: a rigor di logica anche Pera e Buttiglione sono comunità scientifica».
L’idea convince Vladimir Luxuria, 40 anni, attore, “icona” dei Pride e
collaboratore del nostro giornale: «Che sia di tutti – esclama – venite in
Pacs!». E’ vero: pacs suona come la parola latina pax. «Suona di buon augurio – dice ancora – vorremmo vivere in pace, sono altri i violenti, quelli che dichiarano le guerre». Gli “altri” di Luxuria sono il potere politico-ecclesiastico «un gigante maschilista – per Vladimir – ma con i piedi d’argilla perché la società diventa sempre più dinamica, libertaria e tollerante».
Sostiene anche Paolo Beni, leader dell’Arci, storica associazione di case
del popolo e mutuo soccorso: «Però – puntualizza – protagonisti dovranno
essere i movimenti del mondo gay e lesbico». Che, infatti, ci stanno pensando su e seriamente.
Da Arcilesbica a Gay project, dal Mit dei transessuali e all’Arcigay si sta cercando di stabilire il percorso giusto. Proprio oggi si riunisce Gay
Project, l’associazione messa su da Imma Battaglia, l’informatica napoletana di 45 anni che fu la portavoce del grande Pride del 2000: «Il punto su cui riportare la questione è impedire che la Chiesa controlli le
nostre vite. I Pacs – spiega – supportano il concetto di famiglia,
permettono altri modelli di convivenza, il rispetto reciproco e la solidarietà. E se c’è natalità zero mica è colpa nostra, è colpa della precarietà. Questo paese ha bisogno di laicità, quello che chiediamo alla sinistra è di non cadere nella trappola di Ruini. «Guarda che un “Pacs day c’è già – avverte Titti De Simone, palermitana, 35 anni, deputata di Rifondazione e prima presidente di Arcilesbica – è l’evento che Arcigay e Arcilesbica organizzano il 14 febbraio».
L’idea prende corpo: facciamo un
San Valentino straordinario.
Tanto più che una “talpa” di Liberazione, interna a questioni ecclesiastiche, ci spiega che il S. Valentino storico era un disobbediente ante litteram, benediceva – sposandole in massa – le unioni di fatto per sottrarre gli uomini alla coscrizione nell’esercito, per strappare braccia alla guerra. «Per questo è il protettore degli innamorati, per lo stesso motivo l’imperatore Claudio lo fece martirizzare».
«Un S. Valentino così sarebbe un grande strumento di partecipazione in questo momento in cui s’è aperta nel paese una grande discussione, lo immagino festoso, un po’ come il Pride del 2000, una grandissima manifestazione di popolo che richiamava l’attenzione sui diritti civili, delle persone, sulla laicità dello Stato. L’allora premier Amato fu costretto a rispondere a un’interrogazione delle destre, che gli chiedevano di proibirlo, e si giustificò: “Non posso, purtroppo c’è la Costituzione”. Anche oggi lo scontro è durissimo e i Pacs sono il terreno su cui si riapre la battaglia per cambiare anche la politica, c’è un
problema reale di ingerenza della gerarchia vaticana che cerca di imporre la sua agenda allo Stato».
Ovvio che tempi e modi di un evento del genere dovranno essere compito
delle associazioni. «Il movimento Glbtq – dice Sergio Logiudice,
presidente di Arcigay, 44 anni di Messina ma professore e consigliere DS a Bologna – vive una fase felice dal punto di vista dell’unità: ha elaborato
una piattaforma e l’ha sottoposta a tutti i candidati alle primarie. Con
la stessa logica ragionerà a una grande manifestazione centrata sulla
presenza delle coppie, probabilmente a novembre dopo le primarie». «Ci sarà da coinvolgere tutto il mondo laico», aggiunge Porpora Marcasciano,
48 anni, sociologa a Bologna e vicepresidente del Mit che ieri ha spedito a tutto l’arcipelago un appello alla mobilitazione: «Se ci siete battete
un colpo! Prima la procreazione ora i Pacs, l’Italia è il fanalino di coda
sui diritti, un laboratorio del conservatorismo cattolico». «Abbiamo
inventato uno strumento leggero, il Pacs, proprio perché non volevamo
scatenare guerre di religione – spiega Cristina Gramolini, presidente di
Arcilesbica, marchigiana a Milano, 41 anni, insegnante – invece la Chiesa
continua ad attaccarci, vorrebbe che non insegnassimo, che non facessimo
gli allenatori, mette su una gazzarra strumentale. Pensa che in Spagna, i
Pacs erano la parola d’ordine di Aznar contro il matrimonio gay voluto da
Zapatero. Anche lì c’è stata una grande risposta: in 2milioni hanno partecipato a un Pride, dieci volte più grande della marcia oscurantista promossa dai vescovi».