RADICALI ROMA

Quanto costa la commissione anti-sprechi?

«Trattasi di un gruppo di svogliati selezionati da un gruppo di incapaci per il disbrigo di qualcosa di inutile». Ecco cos’è una «commissione» nella micidiale definizione di un antico e caustico editorialista del New York Times. Un giudizio forzato. Forse qualunquista.
Ma che non può non tornare in mente (facciamo gli scongiuri) davanti alla decisione presa dal Senato di affrontare la questione incandescente dei costi della politica istituendo una apposita commissione conoscitiva da mettere al lavoro dopo le vacanze, la tintarella, i bagni. Il metodo più sicuro, spesso, per guadagnare tempo.

COMMISSIONI UTILI – Si dirà: certe commissioni parlamentari hanno fatto un buon lavoro. Verissimo. Ottimo. Si pensi a quella sulla condizione contadina condotta alla fine dell’Ottocento da Stefano Jacini per denunciare la disperazione di un mondo di tuguri «ove in un’unica camera affumicata e priva di aria e di luce vivono insieme uomini, capre, maiali e pollame». O quella sulla Questione Meridionale di Leopoldo Franchetti, Sidney Sonnino ed Enea Cavalieri. O ancora, in tempi più recenti, quella sulla P2 sotto la presidenza di Tina Anselmi. O quelle, soprattutto in certi anni durissimi, sulla mafia. Sia pure concluse, a volte, purtroppo, con l’epilogo sconcertante di relazioni di maggioranza e relazioni di minoranza.

BOSSI E BERLUSCONI – Neppure i più accaniti teorici di questo strumento della democrazia, però, possono negare quanto esso sia andato via via alla deriva. Fino ad assumere, troppo spesso, altre funzioni. Non nobilissime. Di minaccia, di vendetta, di ricatto. Di pressione politica. Basti ricordare l’Umberto Bossi nella sua stagione di guerra al Cavaliere: «Parlare e discutere di par condicio è troppo poco. Io propongo una commissione parlamentare d’inchiesta sugli arricchimenti di Silvio Berlusconi. Da dove provengono i suoi soldi? Come ha costruito il suo impero televisivo? Come utilizza la politica per difendere gli affari personali?». O l’ambigua intimidazione di Luciano Violante: «Se facessimo come Berlusconi nella prossima legislatura, a elezioni vinte, potremmo istituire una commissione parlamentare su come è diventato ricco. Ha detto che andava in comune a Milano con l’assegno in bocca: a chi lo dava?». O ancora l’avvertimento dello stesso Cavaliere reduce dall’aver deposto al processo di Milano: «Faremo una commissione d’inchiesta sulla vendita della Sme». Per non dire dell’insistenza con cui pezzi della sinistra hanno premuto per una commissione sul G8 di Genova, la cui presidenza per Gigi Malabarba doveva andare alla madre di Carlo Giuliani. O delle polemiche divampate intorno alle commissioni sull’affare Mitrochin, su Telekom Serbia o perfino alle sole ipotesi di commissioni su Tangentopoli, sull’uso della giustizia negli anni di Mani Pulite o sulle scalate bancarie del 2005.

COMMISSIONI PIGRE – Non bastasse, si sono viste commissioni parlamentari, regionali o comunali così pigre, assurde o traboccanti di poltrone da minare gravemente la fiducia dei cittadini. Come quella costituita anni fa in Calabria «per la qualità e la fattibilità delle leggi», i cui risultati (zero) sono sotto gli occhi di tutti. O quella sui fondi neri Iri, istituita nel gennaio 1987 e defunta senza mai riunirsi una sola volta. O quella dedicata all’ambiente che, stando al rapporto Legambiente 2001, riuscì in un anno a esaminare «solo gli emendamenti all’articolo 1» (su dieci) della Legge Micheli contro l’abusivismo. O le due «commissioni interministeriali sul latte microfiltrato» chiamate a pronunciarsi (giudizio favorevole) sul via libera al latte «frescoblu» sul quale Calisto Tanzi aveva scommesso decine di milioni di euro.

L’ANTISPRECHI DEL VENETO – E la «commissione antisprechi» nella Sanità voluta dalla Regione Veneto nel 2003? Tre anni dopo, la Corte dei Conti riassumeva che era costata 340 mila euro e aveva prodotto (in tre anni!) due documenti, inutilizzati: che spreco! E le 24 commissioni permanenti o speciali (dalla «riforma della burocrazia » alla «garanzia e tutela della riservatezza della sfera personale e della privacy») del Lazio? E le 18 della Campania ridotte a 12 solo in seguito alle polemiche e alle risate sulla decisione di fare una «Commissione sul Mare» e una «Commissione sul Mediterraneo »? Fino al capolavoro, serissimamente descritto da un’agenzia del maggio 2002: «Parte operativamente da lunedì prossimo, con la prima riunione della speciale commissione che si riunirà al ministero della salute, il “progetto dentiera” voluto dal presidente del Consiglio Silvio Berlusconi per dare agli anziani “edentuli” e indigenti le protesi, cioè le dentiere, che non si possono permettere». Tra quelle ordinarie, permanenti, speciali, bicamerali, conoscitive o di inchiesta, le commissioni avviate da Camera e Senato in questa solo legislatura risultano essere (dal ciclo dei rifiuti al servizio sanitario nazionale, dagli infortuni sul lavoro all’uranio impoverito) ben 56. C’è la commissione di vigilanza sulla Cassa depositi e prestiti, la banca del Tesoro, la cui vita è riassunta dal deputato Carmine Santo Patarino così: «Finora abbiamo fatto due o tre incontri, ma ancora l’attività istituzionale non è stata avviata». C’è la commissione mista per «l’accesso ai documenti amministrativi». C’è quella «consultiva per il riconoscimento di ricompense al valore e al merito civile». Quella dell’anagrafe tributaria, che fino a oggi si è riunita sei volte: poco più di una a trimestre. Quella per la «semplificazione della legislazione» che in un anno e passa è stata convocata 13 volte (totale: 10 ore) sotto la sapiente guida di Pietro Fuda il quale, uomo giusto al posto giusto, è stato dirigente della Cassa del Mezzogiorno e poi della Regione Calabria: due modelli di burocrazia agile e scattante. E via così… Sperano davvero i senatori, con questi precedenti, che i cittadini si entusiasmino alla nascita di questa nuova commissione, che peraltro si aggiunge a quella già varata dalla Camera? In bocca al lupo. Ammettano però che un po’ di scetticismo…