RADICALI ROMA

Quanto paga promettere

Promettere di tutto e di più paga elettoralmente? Tra qualche giorno lo sapremo. Certo è uno sport molto pericoloso. I gruppi di interesse si sentiranno legittimati dopo il voto a chiedere ulteriori concessioni e privilegi, i ministri di spesa e le parti sociali potranno un domani fingere di ignorare i vincoli di finanza pubblica.

No, non si dica che in queste settimane si sta parlando di economia. L’economia è una scienza che aspira ad insegnarci come meglio utilizzare le risorse disponibili. Qui si stanno, invece, impegnando risorse virtuali. Non si possono, infatti, tagliare le tasse in modo consistente senza tagliare anche le spese. Perché non è possibile che i tagli alle tasse possano essere «finanziati» dalla crescita economica o dal recupero di evasione fiscale. Non è credibile la lotta all’evasione di chi ha varato condoni per 10 miliardi all’anno in questa legislatura e non si dica che basta intensificare i controlli. Costano anche quelli e portano un misero bottino. Basti pensare che dei 18 miliardi di evasione fiscale accertati nel 2000 dalla Guardia di Finanza, sono stati recuperati ad oggi solo 416 milioni, il 2,2 per cento. E in questi giorni si sta promettendo non per qualche miliardo di euro. Ma per molto, molto di più.

Sul sito www.lavoce.info abbiamo provato a ricostruire i principali impegni di spesa presi nei programmi delle due coalizioni. La Casa delle Libertà promette riduzioni di tasse per una cifra compresa tra i 36 miliardi e i 100 miliardi di euro all’anno, a seconda che le proposte vengano interpretate letteralmente (ad esempio alzare davvero tutte le pensioni a 800 euro) oppure più maliziosamente come «promesse col trucco» (alzare solo le pensioni che oggi sono a 551 euro ignorando quelle comprese tra questa soglia e 800 euro). In ogni caso, non costano meno di circa 3 punti di Pil, un’enormità. Abbiamo, tra l’altro, escluso dal computo 27 tra bonus e nuovi trasferimenti previsti nel programma della Casa delle Libertà, tra cui la «basic tax» rilanciata ieri dal presidente del Consiglio, perché è troppo azzardato fornire stime dei costi di questi provvedimenti che, comunque, non hanno certamente costo zero. Non è prevista copertura per alcuno di questi tagli perché il centro-destra esclude tagli alla spesa corrente e nuove tasse. E l’esperienza recente ci dimostra che non è capace di tagliare la spesa pubblica: la spesa primaria (al netto degli interessi sul debito pubblico) è aumentata per più di due punti di Pil dal 2001 al 2005. Il ministro Tremonti si è limitato a sostenere che le misure potranno essere coperte da un piano di massicce dismissioni di beni pubblici (per 300-400 miliardi). Difficile credere a questi piani dato che in questa legislatura si è riusciti, a mala pena, a cartolarizzare (quindi non vendere direttamente) 10 miliardi di euro di immobili e 4 di uffici con il metodo «vendi e riaffitta». Ma il vero problema è che bisogna trovare coperture permanenti, i tagli fiscali devono essere coperti ogni anno e non una volta sola. Le cartolarizzazioni utilizzate per accelerare le dismissioni fanno addirittura aumentare la spesa per interessi e sul «vendi e riaffitta» bisogna poi pagare gli affitti.

In queste settimane ho più volte sottolineato che il programma dell’Unione è reticente sulle coperture. Confermo. Ma c’è una differenza abissale nelle proporzioni. L’Unione propone tagli o nuove spese per una cifra tra i 20 e i 24 miliardi (tra riduzione del cuneo contributivo, riordino degli assegni famigliari, recupero del fiscal drag, piano asili nido, riduzione delle tasse sui depositi bancari e nuovi ammortizzatori sociali). Il fatto che la forbice nelle stime sia più piccola che nel caso della Casa delle Libertà si spiega col fatto che il lunghissimo e noiosissimo programma dell’Unione è assai meno avaro di dettagli su queste misure. Sono poi state fornite coperture per almeno 7 miliardi (quindi circa un terzo degli impegni) in termini di tassazione delle rendite finanziarie e delle stock options e armonizzazione aliquote contributive tra co.co.pro e lavoro dipendente. Il centro-sinistra al governo era, inoltre, stato capace almeno di non far aumentare la spesa primaria dal 1996 al 2000. Le sue promesse sono, quindi, in parte (diciamo per almeno un terzo) credibili, a differenza di quelle della Casa della Libertà che sono tutte, proprio tutte, scritte sull’acqua.

Promettere di tutto e di più è anche diseducativo. Il governo che si insedierà dopo le elezioni avrà bisogno della collaborazione dei cittadini per affrontare le tante emergenze del Paese. Per riprendere il controllo della spesa pubblica, tagliando gli sprechi, servirà una maggiore attenzione di tutti a come vengono utilizzati i fondi pubblici. Se spendiamo in istruzione secondaria non meno di Paesi che sfornano diplomati che ottengono punteggi nei test internazionali sulla qualità dell’istruzione del 30-40 per cento più alti dei nostri diplomati è anche perché le famiglie spesso chiedono alla scuola il solo biglietto di carta, anziché esigere di più in termini di contenuti formativi e di operato degli insegnanti. Anche per ridurre l’evasione fiscale e per far emergere il lavoro sommerso (che vuol dire anche scoraggiare l’immigrazione clandestina) servirà il contributo dei cittadini nell’identificare e isolare i comportamenti illegali. Servirà questo impegno anche per evitare che vecchi e nuovi programmi di spesa vengano utilizzati in modo distorto. Ad esempio, nuovi ammortizzatori sociali, in grado di evitare che si faccia una legge ad hoc ogniqualvolta c’è una crisi di una grande impresa, saranno tanto più efficaci quanto più forte sarà la sanzione sociale contro i beneficiari delle prestazioni sociali che, pur essendo in condizioni di lavorare, non cerchino attivamente un impiego.

Se davvero vogliamo uno Stato più piccolo, se vogliamo pagare meno tasse, abbiamo bisogno di una forte sanzione sociale dei comportamenti opportunistici. Ma perché ci sia questa sanzione sociale è bene che tutti i cittadini siano consapevoli dei vincoli di bilancio. Come a casa loro devono talvolta tirare la cinghia per arrivare alla fine del mese, anche il bilancio dello Stato non può permetterci di tutto e di più.