RADICALI ROMA

Questa finanziaria rinvia tutti i problemi

Il complesso della manovra di bi­lancio varata nel fine settimana dall’esecutivo peggiorerà e non di poco i conti pubblici, rispetto a quanto avverrebbe in sua assenza. Si tratta di mezzo punto di pii di deficit in più. Per i conti pubblici meglio sa­rebbe stato lasciare tutto come pri­ma, senza decreto fiscale e legge fi­nanziaria. Una fetta consistente del peggioramento dei saldi è dovuto a maggiori spese piuttosto che a ridu­zioni di tasse. Quindi non è neanche difendibile come restituzione agli italiani dell’extragettito. E’ una rinuncia a investire nel fu turo, migliorando i conti pubblici. L’aggiusta­mento viene esplicitamente rinviato al 2009-2011 ,nonostante si preveda un rallentamento della nostra economia. Dobbiamo crederci?

 

 

 

Lo scorso anno, analizzando la Finanziaria2007, avevamo documen­tato che l’aggiustamento sarebbe stato tutto sul lato delle entrate. Pro­prio per questo, commentavamo, non sarebbe stato duraturo: prima o poi, come nei ben sperimentati meccanismi di “tax push”, le mag­giori entrate avrebbero finito per le­gittimare nuove spese. Purtroppo questa facile profezia si è avverata. Il continuo parlare di “tesoretti” ha fatto subito capire che le entrate su­periori al previsto non sarebbero state usate per ridurre la montagna di debito pubblico. Al contrario, sommando gli interventi nei decre­ti legge di giugno e settembre, il go­verno ha speso circa 13 miliardi de­rivanti da extra gettito. E’ vero che non pochi provvedimenti di spesa sono una tantum, ma si sarebbe do­vuto dare una svolta di finanza pub­blica durante una fase espansiva, come suggerisce il nuovo patto di stabilità.

 

 

 

Quella appena varata doveva esse­re una manovra leggera. In realtà sarà sostanziale: 11 miliardi di finanziaria e 7.5 di decreto fanno 18.5 miliardi. A metà ottobre, dopo i referendum nel­le fabbriche, salirà sul carrozzone an­che il pacchetto sulla previdenza che rischia di gonfiarsi nel frattempo. Questo significa che è una manovra di finanza pubblica leggera tanto quan­to la media delle Finanziarie degli ul­timi 7 anni. A meno che per leggerezza si intenda il segno della manovra.In effetti a differenza delle manovre precedenti, peggiora, anche sulla carta, i saldi rispetto a quanto avverrebbe in assenza della manovra.

 

 

 

Il governo prevede che aumenti la spesa corrente primaria nel 2008. Il dato sarebbe ancora più evidente se i provvedimenti varati a giugno e contestualmente alla Finanziaria non avessero già fatto aumentare la spesa nel 2007. Anche se il provvedi­mento a favore delle famiglie più de­boli può essere desiderabile e op­portuno, è ipocrita classificarlo co­me riduzione di tasse. Si tratta di un aumento di spesa.

 

 

 

La manovra finanziaria mostra, ancora una volta, che il federalismo fiscale non funziona. Sono stati concessi 9 miliardi a Lazio, Campa­nia e Sicilia, ripagabili in 30 anni (si proprio 30!) per onorare gli sforamenti regionali nel comparto sanità. Speriamo almeno che le san­zioni contro gli amministratori e i politici locali vengano applicate. Anche l’intervento sull’Ici sancisce il fatto che i Comuni non hanno al­cuna potestà su questa naturale fonte di entrate per loro.

 

 

 

Servirà questa Finanziaria a scon­giurare il visibile rallentamento del­la nostra economia? Il piatto forte delle misure a favore dello sviluppo è rappresentato dalla riduzione del­le tasse sui redditi di impresa. Ma la copertura di questo intervento av­viene da una rimodulazione della base imponibile, in modo da lasciare invariato il gettito. In altre parole, l’ammontare delle tasse versate dal­le imprese rimarrà costante, nono­stante una riduzione delle aliquote Ires dal 33 al 27,5% e dell’aliquota dell’Irap al 3,9%. Bene razionalizza-re il prelievo, ma non aspettiamoci un forte stimolo all’economia. Non ci sono gli sgravi fiscali sul lavoro, so­prattutto sui redditi più bassi, né le misure a favore della conciliazione di lavoro e impegni famigliari, come il piano sugli asili nido e gli incentivi perle mamme che lavorano, sacrificati per fare posto agli sgravi Ici.

 

 

 

Il Libro Verde rimane, come pre­visto, un pezzo di carta colorato. I ta­gli di spesa sono contenuti e spesso, poco credibili. Nelle tabelle mini­steriali, ad esempio, si parla di 750 milioni di risparmi derivanti da un “miglioramento della gestione e manutenzione degli immobili”. Di cosa si tratta e perché questi rispar­mi politicamente non costosi non sono stati fatti prima? La voce più esoterica è però quella riferita ai ri­sparmi per quasi 2 miliardi derivan­ti da “residui e riassegnazioni”. Sa­rebbe meglio parlare semplicemente di “rassegnazione” alla logica del tax push: le spese non si taglieranno mai.

NOTE

il testo integrale è disponibile sul sito www.lavoce.info