Nuovo record di presenze nel nido di Rebibbia Femminile. Lo scorso fine settimana c’erano 31 bambini e bambine di età compresa tra 0 e 3 anni insieme a 28 mamme detenute nel carcere romano. La capienza massima del nido di Rebibbia è invece di 13 unità.
L’ALLARME – Arriva dal Garante regionale dei diritti dei detenuti Angiolo Marroni che ha segnalato anche che sabato scorso sono stati avviati dei trasferimenti di donne e bambini in altre carceri d’Italia. Sarebbero state trasferite quattro donne a Torino ed una Perugia con i figli al seguito.
“Una situazione sgradevole per due motivi – ha spiegato il Garante – Il primo è che si tratta di detenute straniere in gran parte stanziate nella zona di Roma che, con il trasferimento, si vedono tagliare ogni legame con le loro famiglie. Il secondo è che non si è tenuto conto della delicata situazione dei bambini, molti dei quali frequentano l’asilo nido esterno del Comune e che sono coinvolti nelle iniziative dell’associazione di volontariato “A Roma Insieme”, che ogni sabato li porta fuori dal carcere per ridurre al minimo il loro impatto con il carcere”.
LA REGOLA – A Rebibbia Femminile le 28 detenute madri sono quasi tutte straniere, in gran parte rom. In base alla legge – spiegano dall’Ufficio del Garante – i bambini da 0 a 3 anni possono stare in carcere con le mamme, ma al compimento del terzo anno di età è obbligatoria la scarcerazione dei minori, indipendentemente dalla pena che sta scontando la madre, con l’affidamento del piccolo o ai parenti se ci sono) o a soggetti esterni. In carcere i bambini trascorrono gran parte del loro tempo nella stanza dei giochi o nella zona verde. Alcuni di loro – fra mille difficoltà legate alle diffidenze delle mamme straniere – frequentano il nido del Comune di Roma.
LA PAURA – Ai problemi dei minori se ne aggiunge, poi, un altro di tipo culturale. Alle detenute, infatti, sarebbe stato spiegato che se avessero affidato la custodia dei figli all’esterno potevano essere sistemate nella sezione comune di Rebibbia, evitando il trasferimento extraregione. Ma molte hanno rifiutato per paura di perdere definitivamente i figli.
LA CRITICA – “L’emergenza di queste ore, con mamme e piccoli trasferiti da una parte all’altra d’Italia senza tener conto dei legami anche affettivi che si erano creati i piccoli in carcere e con i volontari – ha detto Marroni – dimostra ancor di più l’urgenza di prevedere, per le madri detenute, misure alternative alla detenzione e l’uso della carcerazione solo per reati gravi. Auspico che il Parlamento approvi al più presto la Proposta di Legge su questo tema, già licenziata dalla Commissione Giustizia”.