RADICALI ROMA

«Ricevere il Dalai Lama sarebbe un gesto prudente»

 

«A imporre al governo italiano di ricevere il Dalai Lama non dovrebbe essere il coraggio ma la prudenza». La prudenza? «Sì, sarebbe imprudentissimo girarsi dall’altra parte e cedere ai possibili toni ricattatori della Cina: vorrebbe dire aprire la strada non solo ad altri ricatti ma anche ad altri ricattatori». Marco Pannella il Dalai Lama lo conosce bene («tra noi c’è un rapporto di amicizia»). E quella del popolo tibetano è una delle cause che sente più vicina al suo vecchio cuore di radicale. Non sorprende, quindi, il suo invito al governo affinché il Dalai Lama sia ricevuto ufficialmente. A colpire è il suo ottimismo.

 

 

Crede che il governo lo riceverà, nonostante le possibili ritorsioni della Cina?
«Sono fiducioso. Perché questa è una posizione prudente, ragionevole e responsabile».

 

 

 

Ma, dopo che Bush e la Merkel lo hanno incontrato, in Cina le aziende americane e tedesche hanno perso diversi contratti. Non è un rischio da tener presente?
«Potrei dire che i diritti umani devono contare più del portafoglio, ed è vero. Potrei aggiungere che tra il 6 e l’8 dicembre proclameremo per il 2008 il primo Satyagraha mondiale, la prima forma di lotta non violenta proprio per la difesa dei diritti umani. Ma il punto è un altro: c’è chi pensa alle ritorsioni? Bene, queste situazioni non si scongiurano ma si governano. E dalla Cina arrivano segnali positivi».

 

 

 

Di quali segnali parla?
«Finora contro la moratoria sulla pena di morte in discussione all’Onu la Cina non ha fatto pressioni. Non solo: a Pechino il potere di decretare la pena di morte è passato dall’equivalente del nostro giudice di pace alla massima autorità giudiziaria. Non è mica un piccolo passo».

 

 

 

D’accordo, ma cosa c’entra con il Tibet?
«È un segnale che la parte provvisoriamente vincente della dirigenza comunista vuole tentare una politica nuova, più aperta, prima delle Olimpiadi. Cerca in qualche modo di guadagnare consensi nella comunità internazionale. E questo fa ben sperare anche per il Tibet».

 

 

 

La Cina non fa paura.
«A noi no. E non deve farla nemmeno al governo se è disposto a dare un contributo a questi segnali positivi».

 

 

 

Ecco, il governo. I radicali hanno un ministro, Emma Bonino, che sul tema dei diritti umani è sempre stato in prima linea. Finora la sua voce non si è sentita.
«Ma se è proprio lei che coordina la nostra battaglia…».

 

 

 

Ma forse resta dietro le quinte perché si trova in una posizione delicata: ministro per il Commercio estero, in prima fila davanti al pericolo delle ritorsioni economiche.
«Questa è solo facile demagogia da ritardatari. Dovete chiederlo a lei ma spero e credo che Emma, se potrà, il Dalai Lama lo incontrerà».

 

 

 

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Forse se i Radicali non fossero stati al governo avrebbero fatto di più.

Forse se i Radicali non fossero stati al governo avrebbero fatto di più.
«No. La direzione del partito ha chiesto ufficialmente che Prodi e Bertinotti ricevano il Dalai Lama. Proprio come nel 1994 quando per nostro esclusivo intervento, e nonostante le tante pressioni contrarie, andò prima da Berlusconi e poi da Scalfaro».