RADICALI ROMA

Rifiuti- Esposto alla Corte dei Conti

Spett. PROCURA REGIONALE DELLA CORTE DEI CONTI DEL LAZIO

Via A. Baiamonti, 25 00195 Roma

Oggetto: mancato raggiungimento da parte di Roma Capitale degli obiettivi stabiliti dalla normativa vigente in materia di raccolta differenziata dei rifiuti solidi urbani.

I SOTTOSCRITTI (indicare nome e cognome, luogo e data di nascita, luogo ed indirizzo di residenza, ed in alcuni casi chi si rappresenta)

 

ESPONGONO QUANTO SEGUE

Premesso che

–        il Contratto di Servizio tra Comune di Roma e A.M.A. valevole per gli anni 2000 – 2002 è stato approvato con deliberazione della Giunta Comunale n. 1167 del 31 ottobre 2000 e l’aggiornamento del predetto contratto è stato promulgato con deliberazione della Giunta Comunale, n. 554, del 24 settembre 2002;

–        il Comune di Roma con delibera del Consiglio Comunale n. 25 del 3 marzo 2003 ha approvato il Piano Finanziario del servizio di gestione dei rifiuti urbani del Comune di Roma, predisposto dall’A.M.A. per l’anno 2003, determinando gli indirizzi programmatici, gli obiettivi da conseguire ed il costo di gestione, all’interno del documento l’AMA fissava l’obiettivo del 35% di raccolta differenziata entro il 2004;

–        con deliberazione della Giunta Comunale n. 33 del 28 gennaio 2004, è stato approvato il Contratto di Servizio per la gestione dei rifiuti urbani e i servizi di decoro e igiene urbana, valevole per gli anni 2003-2004-2005, all’interno dell’accordo viene richiamato il Piano finanziario di cui sopra, sottolineando che tale atto prevedeva l’impegno di importanti risorse al fine del raggiungimento nel biennio 2003/2004 degli obiettivi fissati dal D.Lgs n.22/1997 (35% sul totale R:U.). In merito al Contratto di Servizio tra il Comune di Roma (oggi Roma Capitale) e l’AMA S.p.A, è bene sottolineare che l’accordo approvato nel 2004 è stato oggetto di diverse proroghe, l’ultima di questa è stata ratificata a dicembre 2013 con scadenza dicembre 2014;

–        con deliberazione della Giunta Comunale n. 62 del 26 febbraio 2007, è stato approvato il Piano di interventi per lo sviluppo e la promozione della raccolta differenziata – seconda annualità, dove nelle premesse viene richiamata la legge n. 296 del 21 dicembre 2006 (Finanziaria 2007) – che ha stabilito, con riferimento agli ambiti territoriali ottimali, l’obiettivo di percentuali minime di raccolta differenziata dei rifiuti urbani pari ad almeno:  il 40% entro il 31 dicembre 2007; il 50% entro il 31 dicembre 2009; il 60 % entro il 31 dicembre 2011. A tale fine, si legge nel documento, per raggiungere tali obiettivi occorre incrementare l’organizzazione di sistemi di raccolta domiciliarizzati di una o più frazioni, i quali consentono di massimizzare la quantità del rifiuto intercettato e di migliorarne la qualità.

Visto che

–        in materia di rifiuti, il diritto comunitario ha imposto agli Stati membri, attraverso le direttive del Consiglio n. 91/156/CEE del 18/3/1991 e 99/31/CE del 26 aprile 1999, l’obbligo di adottare tutte le misure necessarie ad assicurare il recupero o lo smaltimento degli stessi senza pericolo per la salute dell’uomo e senza l’uso di procedimenti o di metodi che potrebbero recare pregiudizio all’ambiente, vietandone nel contempo l’abbandono, lo scarico e lo smaltimento incontrollato;

–         il decreto legislativo 5 febbraio 1997 n. 22 che – fino all’entrata in vigore del decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152, di attuazione della delega contenuta nella legge n. 308 del 2004 per il riordino, il coordinamento e l’integrazione della legislazione in materia ambientale – ha costituito la normativa quadro sulla gestione dei rifiuti, che prevede, in attuazione della citata direttiva europea 91/156/CEE, l’adozione di un sistema di raccolta differenziata idoneo a consentire la drastica diminuzione dei rifiuti avviati in discarica e la realizzazione di un modello alternativo di smaltimento i cui punti qualificanti sono il riciclo dei materiali, il compostaggio della frazione organica e il collocamento in discarica (o termovalorizzazione) del solo residuo;

 

–        lo stesso decreto n. 22/1997, e successive modifiche, ha provveduto ad individuare le funzioni amministrative che in materia di raccolta differenziata competono a ciascun livello di governo, centrale, regionale, provinciale e comunale, attribuendo allo Stato il compito di indicare i criteri generali per l’organizzazione e l’attuazione della raccolta (art. 18, comma 1°, lettera m), alle Regioni la funzione di provvedere alla “regolamentazione delle attività di gestione dei rifiuti, ivi compresa la raccolta differenziata di rifiuti urbani, anche pericolosi, con l’obiettivo prioritario della separazione dei rifiuti di provenienza alimentare, degli scarti di prodotti vegetali e animali, o comunque ad alto tasso di umidità, dai restanti rifiuti” (art. 19, comma 1°, lettera b), alle Province la cura dell’organizzazione delle attività di raccolta differenziata dei rifiuti urbani e assimilati sulla base di ambiti territoriali ottimali delimitati ai sensi dell’articolo 23 (art. 20, comma 1°, lettera g) e ai Comuni il compito di stabilire “le modalità del conferimento, della raccolta differenziata e del trasporto dei rifiuti urbani, al fine di garantire una distinta gestione delle diverse frazioni di rifiuti e promuovere il recupero degli stessi” (artt. 21, comma 1°, lettera c, e 23, co. 3);

 

–        per dare maggiore concretezza all’obiettivo di un utilizzo razionale ed economicamente vantaggioso dei rifiuti, il predetto decreto ha anche disposto (art. 24) che in ogni Ambito Territoriale Ottimale (A.T.O.) la raccolta differenziata degli stessi venga assicurata in misure percentuali minime del 15% entro due anni dall’entrata in vigore del decreto stesso, del 25% entro quattro anni e del 35% dal sesto anno (percentuali successivamente fissate dall’art. 205, comma 1, del D.Lgs. n. 152/2006 e dall’art. 1, comma 1108, della legge n. 296/2006 nella misura del 35% entro il 31 dicembre 2006, del 40% entro il 31 dicembre 2007, del 45% entro il 31 dicembre 2008, del 50% entro il 31 dicembre 2009, del 60% entro il 31 dicembre 2011 e del 65% entro il 31 dicembre 2012);

 

–        l’art. 205, comma 3, del D.Lgs. n. 152/2006, inoltre, al fine di penalizzare il conferimento in discarica dei rifiuti e di rafforzare i previsti obblighi di raccolta differenziata, ha introdotto, in caso di mancato raggiungimento degli obiettivi minimi fissati dalla legge, un’addizionale del 20% al tributo dovuto per il conferimento in discarica, da applicarsi nei confronti dell’A.T.O. con successiva ripartizione dell’onere tra quei Comuni del territorio che non abbiano raggiunto le prescritte percentuali minime;

 

–        la legge della Regione Lazio 42-1998 – in attuazione dell’art. 3, commi 24-40, della L. 549-1995 che istituisce il Tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi – disciplina la c.d ecotassa, che trova applicazione per i rifiuti, compresi i fanghi palabili, che vengono conferiti in discarica autorizzata o attivata con ordinanza ai sensi dell’art. 13 del D.Lgs. 22-1997.

Tenuto conto che

–        le percentuali[1] di raccolta differenziata raggiunte a Roma negli anni sono le seguenti: 10,75% anno 2003; 13,53% anno 2004; 15,86% anno 2005; 16,23 anno 2006; 17,10% anno 2007; 19,51% anno 2008; 20,67% anno 2009; 22,00% anno 2010; 24,65% anno 2011; 25,66% anno 2012. I Dati ufficiali del 2013 ancora non sono disponibili, pur tuttavia v’è da segnalare come la percentuale di raccolta differenziata per la città di Roma sia ancora lontana dagli obiettivi previsti dall’art. 205, comma 1, del D.Lgs. n. 152/2006 per l’anno 2012. (65% di Rd)

–        nel “Piano Finanziario del servizio di gestione dei rifiuti urbani” 2013 di Roma Capitale, approvato con delibera n. 87 il 2 dicembre 2013, si legge come: “rispetto al 2012 sono previsti 38.8 milioni di euro di maggiori costi derivanti da uno scenario di gestione dei rifiuti che ha visto una ridefinizione del ciclo, derivante dal progressivo minor utilizzo fino alla chiusura della discarica di Malagrotta, a seguito di decreti ministeriali ed ordinanze prefettizie. I maggiori costi (38.8 milioni di euro) sono determinati dai seguenti fattori: 1) pieno utilizzo delle capacità produttive degli impianti TMB a disposizione del bacino della città di Roma; 2) smaltimento dei rifiuti tramite l’impianto di tritovagliatura del Colari e gli impianti individuati con specifiche ordinanze del Commissario Delegato e con accordi siglati con le Regioni Toscana ed Abruzzo; 3) smaltimento di scarti e Fos prodotti dagli impianti di trattamento, per effetto della chiusura della discarica di Malagrotta, a partire dal IV semestre.” In merito all’ultimo punto si segnala un primo bando[2] dell’Ama “a procedura negoziata in due Lotti avente ad oggetto il servizio di prelievo, carico, trasporto, recupero e/o smaltimento, nel rispetto della normativa nazionale e comunitaria vigente, dei rifiuti prodotti giornalmente negli impianti di TMB di Ama.” Tale crescita delle spese è attribuibile soprattutto al periodo ottobre, novembre e dicembre 2013, in parole povere dalla chiusura (sacrosanta) di Malagrotta in poi. Tali costi sarebbero stati decisamente più bassi, qualora Roma Capitale avesse raggiunto le percentuali di raccolta differenziata previste dalle leggi vigenti.

–        a marzo 2014 è stato affidato il secondo Bando[3] di gara n.28/2013 – P.A. (suddiviso in due Lotti, avente ad oggetto il servizio di prelievo, carico, trasporto, recupero e/o smaltimento, dei rifiuti prodotti giornalmente negli impianti di Trattamento Meccanico Biologico di AMA S.p.A). La spazzatura dei romani finirà negli impianti di Emilia-Romagna, Lombardia, Toscana, Puglia e anche del Lazio. Gli scarti prodotti dagli impianti di trattamento verranno smaltiti dalla romagnola Sogliano Ambiente (società di Forlì-Cesena) che già a settembre si aggiudicò la cosiddetta “gara ponte”. Ama pagherà per questa parte circa 17,964 milioni di euro (più iva) per un prezzo a tonnellata di 115,90 euro. La frazione organica stabilizzata, la cosiddetta Fos, verrà gestita invece da un consorzio che ha come mandataria la Paoletti Ecologia srl di Fiumicino. In questo caso, il prezzo finale che la municipalizzata capitolina dell’ambiente pagherà è di 7,622 milioni di euro circa (più iva). Nel dettaglio, si tratta di 103 euro a tonnellata. In totale ad Ama il trasferimento annuo costerà 25.586.500 euro. Tali costi sarebbero stati decisamente più bassi, qualora Roma Capitale avesse raggiunto le percentuali di raccolta differenziata previste dalle leggi vigenti.

 

Considerando che

–        il nuovo impianto normativo fonda la propria ratio nel fatto che “la raccolta differenziata svolge un ruolo rilevante e prioritario nel sistema di gestione integrato dei rifiuti, in quanto consente sia di ridurre il flusso dei rifiuti da avviare allo smaltimento, sia di condizionare positivamente l’intero sistema di gestione, garantendo: a) la valorizzazione delle componenti merceologiche dei rifiuti sin dalla fase della raccolta; b) la riduzione delle quantità e della pericolosità dei rifiuti da avviare allo smaltimento indifferenziato, individuando tecnologie più adatte di gestione e minimizzando l’impatto ambientale dei processi di trattamento e smaltimento; c) il recupero di materiali e di energia nella fase del trattamento finale; d) la promozione di comportamenti più corretti da parte dei cittadini, con conseguenti significativi cambiamenti nelle abitudini di consumo, a beneficio di politiche di prevenzione e di riduzione” (deliberazione n. 6/2007/G della Sezione centrale di controllo della Corte dei conti sulla gestione delle Amministrazioni dello Stato);

 

–        da un punto di vista strettamente giuridico occorre, tra l’altro, evidenziare che in base all’articolo 1, comma 2, del legislativo 22/97, le disposizioni dello stesso costituiscono principi fondamentali della legislazione statale, ai sensi dell’articolo 117 della Costituzione e, secondo il successivo comma 3, le disposizioni di principio costituiscono, nei confronti delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome aventi competenza esclusiva in materia, norme di riforma economico – sociale. (CORTE DEI CONTI Sez. Giur. Liguria, 27 Maggio 2013 Sentenza n. 83);

 

–        all’articolato quadro normativo appena descritto emerge, l’obbligo ricadente sulle singole amministrazioni comunali di attuare le prescrizioni legislative in materia di raccolta differenziata dei rifiuti, e di garantire, indipendentemente dal soggetto cui è materialmente affidato il servizio di raccolta dei rifiuti urbani, il rispetto delle percentuali minime previste dalla legge. La fissazione di soglie minime della raccolta differenziata risulta, infatti, necessaria ai fini del raggiungimento degli obiettivi fissati dal legislatore, oltre che della credibilità del sistema stesso, e l’adempimento del dettato normativo non può non costituire un puntuale e inderogabile obbligo per le amministrazioni, la cui violazione viene, infatti, “sanzionata” con aggravi di costo per lo smaltimento a carico dei Comuni inadempienti. (CORTE DEI CONTI Sez. Giur. Liguria, 27 Maggio 2013 Sentenza n. 83);

 

–        l’osservanza delle previsioni del decreto n. 22/97 e segnatamente dell’art. 24 relativo alle percentuali minime di raccolta differenziata, (percentuali successivamente fissate dall’art. 205, comma 1, del D.Lgs. n. 152/2006 e dall’art. 1, comma 1108, della legge n. 296/2006 nella misura del 35% entro il 31 dicembre 2006, del 40% entro il 31 dicembre 2007, del 45% entro il 31 dicembre 2008, del 50% entro il 31 dicembre 2009, del 60% entro il 31 dicembre 2011 e del 65% entro il 31 dicembre 2012), da realizzare secondo scaglioni progressivi annuali, costituiva, pertanto, adempimento inderogabile del gestore, posto a tutela di un interesse generale e, sicuramente, prevalente rispetto a quello vantato dalle stesse parti. (CORTE DEI CONTI Sez. Giur. Liguria, 27 Maggio 2013 Sentenza n. 83).

 

Tutto ciò premesso, visto, tenuto conto e considerato, si segnala alla Corte dei Conti

–        il mancato rispetto delle predette disposizioni, con realizzazione della raccolta differenziata in misure significativamente inferiori a quelle previste dal citato art. 24 del decreto n. 22/97 e dall’art. 205 comma 1, del D.Lgs. n. 152/2006, ha comportato a carico del Comune il pagamento di oneri aggiuntivi per il conferimento in discarica del materiale che avrebbe dovuto essere destinato proficuamente alla raccolta differenziata ed ha, pertanto, arrecato al Comune di Roma (ora Roma Capitale) un danno patrimoniale conseguente;

–        Il presunto danno erariale sia pari ai maggiori costi sostenuti per il conferimento in discarica di materiale che avrebbe dovuto essere oggetto di raccolta differenziata. Detti oneri sono stati, in particolare sostenuti a titolo di “tariffa smaltimento rifiuti”, tributo speciale ex art. 3, comma 24 della legge n. 545/1995, addizionale del 20% al tributo speciale prevista dall’art. 205, comma 3, del D. Lgs. N. 152/2006, e in parte tramite lo smaltimento dei rifiuti speciali (Fos, scarti e Cdr) smaltiti fuori la Regione Lazio durante gli anni 2013 e 2014;

–        Il presunto danno erariale sia finanche attribuibile al versamento in discarica dei rifiuti eccedenti che ha comportato anche un danno all’ambiente, per il deterioramento aggiuntivo delle risorse naturali causato dall’immissione di maggiori quantità di sostanze e microorganismi nel terreno e di gas nocivi nell’aria circostante alla discarica, danno da rifondere allo Stato. Il danno all’ambiente è definito dall’art. 300, comma 1, del D.Lgs. n. 152/2006 quale “deterioramento significativo e misurabile, diretto o indiretto, di una risorsa naturale o dell’utilità assicurata da quest’ultima”. Tale norma riporta in termini puntuali la nozione comunitaria di danno ambientale, specificando che quest’ultimo consiste nel deterioramento, in confronto delle condizioni originarie, provocato alle specie e agli habitat naturali protetti dalla normativa nazionale e comunitaria, alle acque interne, alle acque costiere ed a quelle ricomprese nel mare territoriale, al terreno, mediante qualsiasi contaminazione che crei un rischio significativo di effetti nocivi, anche indiretti, sulla salute umana. La Discarica di Malagrotta che per più di trent’anni ha smaltito i rifiuti di Roma, ha prodotto un notevolissimo danno ambientale e alla salute dei cittadini della Valle Galeria. A titolo di esempio si segnalano le relazioni[4] dell’Ispra riguardati le indagini sull’inquinamento della zona di Malagrotta e dell’Asl Roma E in merito allo studio[5] epidemiologico dello stato di salute della popolazione residente nell’area di Malagrotta a Roma.

 

Inoltre, si segnala alla Corte dei Conti come, secondo l’opinione dei firmatari del presente esposto, i responsabili siano i sindaci e gli assessori pro tempore  

–        per avere, nelle suddette qualità, omesso qualsiasi attività di vigilanza e di controllo sull’esatto adempimento, da parte di AMA S.p.A., delle prescrizioni di legge in materia di raccolta differenziata dei rifiuti, e per non avere adottato gli opportuni provvedimenti nei confronti dell’appaltatore inadempiente agli obblighi previsti dal contratto di servizio. L’eventuale concomitante azione civile contro l’appaltatore, esercitabile dall’Amministrazione e l’azione del P.M. contabile operano, pertanto, su piani del tutto distinti e sono reciprocamente indipendenti ed autonome, pur quando investono un medesimo fatto materiale, (sul punto Cass. SS.UU. 21/10/2005, n. 20343; 25/11/2008, n. 28048 e 12/5/2009, n. 10856).

Nel merito si ricorda che

–        l’incontrovertibile conferma dell’esistenza di tali obblighi si ricava da quanto stabilito dagli artt. 50 e 54 del D.lgs. 267/2000, che attribuiscono al sindaco il compito di sovrintendere al corretto funzionamento degli uffici e dei servizi comunali, con il conseguente dovere giuridico di attivazione delle opportune misure correttive d’intervento in caso di violazione di legge, irregolarità e disfunzioni. Spettano analogamente all’assessore specifici poteri finalizzati al corretto funzionamento dei servizi e degli uffici e all’esecuzione degli atti relativi al settore cui lo stesso risulta formalmente preposto e rispetto al quale questi si trova nella medesima posizione del sindaco delegante. (CORTE DEI CONTI Sez. Giur. Liguria, 27 Maggio 2013 Sentenza n. 83);

–        incombe, conseguentemente, sull’assessore un obbligo giuridico determinato e puntuale di assumere tutte le iniziative necessarie nelle questioni di propria competenza, di impartire opportune ed idonee direttive agli organi amministrativi competenti o di esercitare poteri di impulso nei confronti degli altri organi decisionali (in termini, Sez. Giur. Liguria, sentenza n. 414/2002).

 

Allagato I “Stima dei costi”

 

Roma il

 


[2] http://www.amaroma.it/bandi-gare/servizi/esito/514/

[3] http://www.amaroma.it/bandi-gare/servizi/esito/507/

[4] http://massimilianoiervolino.it/images/appendice_documentale/indagini_sullinquinamento_della_zona_di_Malagrotta_a_cura_dell_ISPRA.pdf

[5] http://massimilianoiervolino.it/images/appendice_documentale/Studio_epidemeologico_area_di_Malagrotta_13-06-2012.pdf