È bastata una riunione della direzione per spegnere il bel sogno della Rosa nel Pugno, presentata un anno fa come la grande novità destinata a rinnovare la sinistra. La riunione, dopo un periodo di pressoché assoluta incomunicabilità fra le due componenti della Rosa nel Pugno, la radicale e la socialista, si è conclusa con un discorso di Pannella, e uno di Boselli, che nella sostanza hanno concluso di non avere più nulla da dirsi. Da domani, si vedrà.
Il matrimonio fra radicali e socialisti ha suscitato da sempre più di un dubbio negli osservatori più attenti. Se è vero che vi sono state nel passato battaglie comuni (divorzio e aborto) non è meno vero che differenze serie esistono nella storia e nel comune sentire dei due protagonisti politici: da una parte i socialisti, figli di una sinistra che si richiama da sempre a un mitico movimento operaio, e da sempre di casa in un sindacalismo tradizionale nella sua staticità; dall’altra i radicali, prodotto maturo a loro volta di una concezione liberista dell’economia, e di un libertarismo più disinibito di quello socialista su temi come i matrimoni gay, la droga, nella esibizione di un anti-clericalismo che vive in una delle tante sigle del mondo radicale.
Ma, ed è questa una mezza sorpresa, la rottura è avvenuta sulla natura costitutiva, sui modi di vivere la politica, e perfino su temi organizzativi che sembrano a prima vista i più facili. È qui che i due soggetti politici che sono andati allontanando sempre più. I socialisti hanno continuato a coltivare il loro carattere di partito minore, ma tradizionale, che vive sul territorio, che ha nelle sezioni di paese e di quartiere i suoi punti forza, nei quali ci si raccoglie, si discute e si vota, in definitiva ci si immerge nella politica. I radicali non hanno mai rinunciato al carattere di formazioni d’élite, di una struttura da club o da lobby che si mobilita su singoli temi e di preferenza sul piano nazionale. Per il resto provvede la leadership indiscussa di Pannella, che fissa di volta in volta i temi, i tempi e i modi della mobilitazione. Come è stato di recente col Satyagraha mondiale per la pace, e per l’ammissione di Israele nell’Unione europea, intenti tutti nobilissini e condivisibili, lanciati alla vigilia del Ferragosto.
Il punto di crisi più dibattuto nei giorni scorsi riguarda una questione proprietaria. Sembra assodato, dalle carte, che il simbolo della Rosa nel Pugno sia nella disponibilità dei radicali, o di Pannella. E i radicali, gelosi della purezza del simbolo, non sono disposti a utilizzarlo nelle confuse e non sempre decifrabili contese municipali. Insomma, niente Rosa nel Pugno nelle elezioni amministrative. Un rifiuto, e una umiliazione, insopportabili per i socialisti.
La direzione della Rosa nel Pugno si è conclusa senza accordi, e senza un appuntamento per il futuro. Radicali e socialisti cercheranno almeno per il momento di convivere nel timore di rivelare le rispettive debolezze. I radicali continueranno a recitare attorno a Pannella la parte dei figli della Ragione, ai socialisti resterà forse, se mai vedrà la luce, un posticino nel Partito Democratico: D’Alema ha già fatto sapere che potrà esserci un posto per loro, ma solo dopo la separazione da Pannella.