Ceppaloni è deserta, il cielo gonfio e grigio. Per le vie, sotto i portici, tra i refoli di vento freddo, non transita anima viva. I curiosi hanno smesso di affacciarsi alla cancellata da cui si scorge solo il parcheggio. In fondo alla discesetta che chiude l’accesso alla villa, la folla di telecamere rabbrividisce e aspetta. A metà pomeriggio il portavoce di Sandra Lonardo fornisce té caldo con wafer accompagnato da un comunicato con il meteo dei sentimenti: la signora è «tranquilla e serena», «sconcertata per i modi e i tempi dell’operazione», ma ha «ovviamente fiducia nella magistratura».
La presidente del consiglio regionale campano è chiusa dentro la grande casa bassa, luminosa e circondata di vetrate, arredata con cura, oggetto di mille invidie e pettegolezzi come del resto ì proprietari. I «Mastellai» come i Clinton (e Sandra tifa per Hillary versus Obama): coppia celeberrima della politica a conduzione familiare e icona della famiglia salda (nonostante presunte scappatelle di luì), fotogenica e cattolica. «Io e Clemente portiamo avanti il nostro aedo cattolico. Basta vedere cosa è successo al Papa per capire» aveva detto a caldo, e poi: «Non so nulla, ho appreso dalle tv come voi». Di essere ai domiciliari per tentata concussione. «Non mi è stato notificato niente».
Alessandrina detta Sandra compirà a marzo 55 anni, 33 trascorsi da Lady Mastella. Su di lei e Clemente fioriscono aneddoti: si sono conosciuti da ragazzini, lui chierichetto alla prima comunione di lei; a sedarlo fu quell’aria così east coast dovuta all’adolescenza americana nella chicchissima Long Island, a conquistarla il carisma del capo già evidente quando inaugurò il campetto sportivo di San Giovanni di Ceppaloni. Sandra studiò negli States, fu raggiunta, si fidanzarono con anello di zaffiri e diamanti «secondo tradizione». Nell’inossidabile sodalizio che ha reso il Beneventano ombelico del mondo, lui è viscere, lei è polso. «Clemente, vatti a vestire che è tardi» ripete spesso. Carriere diverse ma parallele: l’anglofona e bellissima ragazza si laurea in filosofia all’Orientale di Napoli, scala i vertici della Croce Rossa tino a diventare commissario strordinario in Campania. A un’altra first lady finita in guai giudiziali, Donatella Dini, l’accomunano solo i tailleur vivaci. Se l’una è vamp, l’altra offre un’immagine da organizzatrice di kermesse enogastronomiche e instancabile cuoca di convivi politici, a volte sfociati in tammuriate a piedi nudi sul tavolo. Per Casini, prima della rottura (in cui, si dice, ebbe il ruolo di eminenza grigia) apparecchiò 1200 coperti. L’esordio in politica non è folgorante: candidata con l’Ulivo, non ce la fa. Nel mirino finiscono i demitiani: è l’epoca del grande freddo con Ciriaco, lei e Annamaria De Mita si sbranano a mezzo stampa. Blindata nel listino di Bassolìno, diventa presidente del consiglio regionale nel 2005.
Esordio al vetriolo: le commissioni che lievitano da 12 a 18, la polemica con Emma Bonino per aver portato una delegazione «troppo sfarzosa» al Columbus Day. Per lei, sempre al fianco del marito, il 2007 è un annus horribilis: lo scandalo dei voli blu, l’affate “svendopoli” che coinvolge l’appartamento romano sul Lungotevere, il gallismo e le invettive sui blog.
Lo difende pubblicamente: «Non siamo il male dell’Italia» Niente in confronto allo tsunami che in poche ore azzererà un partito con 23 arresti, il leader indagato, sospetti di lobby di mutui favori, veleni tra udeurrini ed ex tali. Emblematica, ieri, la visita del consigliere regionale Ferdinando Errico, salito a recare solidarietà ignaro che poche ore dopo avrebbe condiviso la sorte. Alba surreale per Lady Mastella: autosegregata, in attesa di una cattiva notizia fragorosamente annunciata. Diserta la seduta del consiglio regionale per «sintomi di influenza». Al telefono la voce è come sempre, gioviale: «Sono serena. Non penso a dimettermi». Alle 14,30 bussano i carabinieri: è il black out delle comunicazioni. Amici e supporter si congedano. Due lacrime le rigano il viso levigato e ben truccato: ««Da questo momento non sono più libera. Vi abbraccio tutti e vi ringrazio ma devo rimanere sola».
Con lei resta la famiglia, pilastro sempiterno dei momenti bui: la madre, le sorelle, il cognato deputato (dell’Udeur) Pasquale Giuditta, la giovane figlia Sasha, il figlio Pellegrino travolto da un doppio uragano. Tra gli arrestati c’è anche il padre di sua moglie Alessia: l’ingegner Carlo Camìlleri, consuocero del ministro, piantonato in ospedale dove si è sentito male (preventivamente o raggiunto da indiscrezioni?) martedì. Nel gelo di questo gennaio sembra lontano anni luce il faraonico matrimonio tra il primogenito procuratore calcistico e la bionda e bella economista, con 600 ospiti e mezzo governo, buffet etnico-tradizionale tra sushi e caciocavallo, trofei di roselline e piramidi di pesche.
E sempre alla tv “Sandrina” ha visto suo marito dimettersi in diretta, sacrificare «il potere all’amore per la famiglia»: «Sono fiera di lui, è un uomo eccezionale e patirne. Supereremo questo momento». Non è la prima volta che il privato irrompe a Montecitorio. Quando Giovanardi lo rimproverò di parlare al telefonino, il Guardasigilli informò l’aula dell’incidente d’auto di Sandra. La sua bmw, speronata da un misterioso furgone bianco, era in fiamme. Lei, illesa, parlò di «attentato». Lui, biblico, ammonì il collega impaziente: «Valuti con serenità ciò che può accadere ai dirimpettai».