Durante l’ultima campagna elettorale ho avuto l’onore e l’onere, insieme
all’immenso Gianfranco Spadaccia, di coordinare la stesura del programma
di Emma Bonino. Delicatissimo compito, dal momento che era nota a tutti la
precarietà in cui si trovavano – e si trovano ancora – i conti della
Regione Lazio. A questa difficoltà si aggiungeva la crisi finanziaria
globale che prima o poi, in mancanza di riforme strutturali, avrebbe
colpito anche il nostro Paese. Ne è la più chiara dimostrazione la manovra
economica varata in questi giorni dal Governo, che lede con durezza la
stabilità economica delle regioni. Consci di questo, ed “armati” di senso
di responsabilità, scegliemmo anche in campagna elettorale la strada della
verità, scontrandoci con la demagogia dello schieramento di centro-destra,
che giorno dopo giorno non faceva altro che promettere tutto a tutti. Per
la scrittura del programma dedicammo moltissimo tempo al settore
sanitario, per questo tenemmo numerosi incontri con associazioni e
sindacati di categoria, medici e operatori del settore, nonché vertici
apicali di strutture pubbliche e convenzionate. Eravamo convinti, e lo
siamo tuttora, che una vera Riforma sanitaria doveva superare la logica
quantitativa fin qui bipartisan – ovvero maggiore contenimento e più tagli
– che ancora oggi è subordinata alle esigenze delle strutture esistenti,
anziché essere commisurata ai bisogni reali di salute dei cittadini. La
nostra intenzione era di riportare questi bisogni al centro delle scelte e
della programmazione sanitaria, operando affinché le strutture si
attrezzassero per corrispondere a queste necessità e non viceversa. Per
portare avanti questo disegno, qualora avessimo vinto, avremmo avviato da
subito una grande “operazione verità”, cominciando dall’elaborazione dei
dati dell’Asp: l’iniziativa sarebbe stata utile per conoscere la reale
domanda di salute dei cittadini nel Lazio che, incrociata con l’offerta
sanitaria regionale, ci avrebbe permesso di intervenire per annullare le
disfunzioni del sistema. La nostra voleva essere una strategia alternativa
rispetto a quella dei tagli lineari, sposata anche dalla Poverini:
l’intenzione era di partire dalle istanze dei malati per comprendere
quanto, dove e come organizzare e riformare le strutture sanitarie del
Lazio.
Iniziando dall’“operazione verità”, dati alla mano, si voleva aprire una
discussione vera insieme ai medici, agli addetti ai lavori, alle
organizzazioni sindacali e alle associazioni di difesa dei cittadini,
convocando per la prima volta nella nostra Regione gli Stati generali
della Sanità. La partecipazione di tutti poteva essere il valore aggiunto:
i cittadini avevano ed hanno il diritto di conoscere in maniera
approfondita la situazione dei conti e le riforme che avremmo voluto
proporre. Siamo sempre stati convinti che dove non c’è informazione e
dibattito ogni possibile cambiamento può apparire come un qualcosa di
inutile e dannoso.
Purtroppo la Polverini ha scelto un’altra strada: in qualità di
commissario ad acta ha emanato i decreti senza nessun confronto, né con
gli addetti ai lavori, né con la propria maggioranza. Inoltre non ha
ritenuto importante illustrare i provvedimenti in aula consiliare,
esautorando gli eletti anche del diritto di parola. Il comportamento della
Presidente della Regione Lazio va nella direzione opposta a quello che
avremmo tenuto noi, sia nel metodo che nel merito, infatti non va
dimenticato che la Polverini durante la campagna elettorale dichiarava che
non avrebbe tagliato nessun posto letto e che avrebbe diminuito, entro i
primi 100 giorni di governo, le aliquote Irpef ed Irap. Purtroppo, come
tutti sappiamo, la realtà è ben diversa.