RADICALI ROMA

Senatore Pannella

Eravamo rimasti alla relazione dello scorso febbraio del senatore Roberto Manzione, eravamo passati per i 40 giorni di sciopero della fame di Daniele Capezzone ed eravamo quindi arrivati allo scorso 28 settembre quando, esattamente a 15 mesi dall’insediamento del Parlamento, il comitato dei Radicali italiani si era riunito a Roma, aveva richiesto un incontro di urgenza con Giorgio Napolitano e si era fatto una domanda semplice semplice: scusate, che fine hanno fatto i senatori “eletti ma non nominati?”. Che fine hanno fatto i seggi al Senato della Rosa nel pugno? Che fine hanno fatto le relazioni intrappolate nei cassetti di quella Giunta delle elezioni del Senato che non è ancora riuscita a dare una parola definitiva sui senatori estromessi da Palazzo Madama? Quella giunta impegnata negli ultimi mesi anche sulla questione delle immunità parlamentari (e quindi delle intercettazioni Unipol) e quella giunta che però ora, entro pochi giorni, potrebbe finalmente dare una risposta finale al caso.

L’ultimo capitolo del giallo sui seggi contestati era stato appuntato otto mesi fa, in concomitanza con la richiesta del riconteggio delle schede elettorali del Piemonte e con la richiesta dell’applicazione di un articolo (il 17) del decreto legislativo 533/93: quello che, come ricordato da alcuni esponenti radicali, porterebbe alla “decadenza del senatore Turigliatto” e all’ingresso a Palazzo Madama di Ugo Intini (primo dei non eletti nelle liste del Senato in Piemonte); che se dovesse rifiutare l’eventuale nomina, passerebbe però il testimone a uno tra Marco Pannella e Rita Bernardini. Ed era la stessa Bernardini, segretario dei Radicali italiani, a spiegare qualche mese fa quale fosse il punto cruciale della questione: “Se una coalizione non prende il premio di maggioranza perché con le sue forze supera il 55 per cento dei seggi, non è previsto quello sbarramento del 3 per cento che, invece, è stato erroneamente applicato ai danni delle liste di Rnp, Idv, Udc, Nuovo Psi e Verdi-Comunisti”. Era il 26 settembre del 2006, e un anno dopo, la situazione è esattamente la stessa; se non peggio, dato il precario equilibrio del Senato: ieri c’è stato per un voto, ma domani chissà.

Ed è, questa, una situazione per certi versi anche paradossale, visto che – neanche a farlo apposta – non solo non sembrano esserci dubbi sulla legittimità del ricorso al Senato (secondo il giurista Giuliano Vassalli, “l’Ufficio elettorale regionale ha violato con la sua interpretazione le regole supreme dell’ordinamento italiano”), ma tra i seggi in bilico ci sarebbero anche quelli “ribelli”: Turigliatto (ex Pdci) e Zanda (vicepresidente vicario dell’Ulivo al Senato, estromesso dalle primarie del Pd e protagonista di un duro scontro con Manzione, convinto che Zanda abbia “un profilo di incompatibilità”). Ecco, la questione, come ribadito con un sorriso da Pannella al Foglio, è che, tra l’altro, applicando la legge e rispettando il diritto, è chiaro che in fondo la sinistra ci guadagnerebbe pure. Ora però si arriva a una fase decisiva: entro la fine del mese la giunta voterà sulle singole relazioni presentate. Se la giunta le approverà, le relazioni andranno al Senato. Se le rigetterà, i partiti interessati faranno ricorso alla Corte costituzionale. “Stiamo preparando una serie di iniziative per i prossimi giorni – dice al Foglio Rita Bernardini – ma a oggi credo ci sia un solo aggettivo per riassumere il modo in cui è stato trattato il caso di questi seggi al Senato: semplicemente scandaloso”.