Non si può ignorare il Compendio del catechismo della Chiesa cattolica. Sarebbe un errore. Ne è convinto il presidente del Senato Marcello Pera. Il testo va preso in seria considerazione. Come tutte le «istruzioni e le raccomandazioni religiose impartite dalla Chiesa». Contengono direttive morali riguardo a «questioni cruciali come la guerra, la vita, il matrimonio, la famiglia». Il problema è se queste indicazioni di carattere morale debbono tradursi «in legge politica». Se cioè il Parlamento deve adeguarsi alle raccomandazioni provenienti dalla Santa Sede. Se risponderemo di sì, riflette il presidente Pera, andremo incontro al «rischio grave del connubio fra trono e altare». D’altronde rispondere di no, respingere decisamente la voce della Chiesa, sarebbe un atteggiamento degno di un laicismo rigido e un po’ sorpassato. In definitiva, Pera si domanda quale possa essere la via mediana. Ma già porre il dubbio ha un suo significato. VuoI dire che il magistero della Chiesa merita di essere valutato e seguito con attenzione. Tutto questo discorso il presidente Pera si accinge a svilupparlo sabato 15 a Norcia, dove è in programma il convegno A Cesare e a Dio, che già nel titolo lascia capire quali siano i temi che verranno trattati. E’ un raduno dei teo-con italiani, di intellettuali e politici che cercano di conciliare le prerogative di uno Stato laico con la necessità di mantenersi in sintonia con le direttive della Chiesa cattolica. Esprimeranno le loro opinioni Giancarlo Cesana, Roberto Formigoni, il ministro Letizia Moratti e altri. Ma la curiosità maggiore è concentrata sull’intervento del presidente Pera, il quale cominciò ad affrontare gli stessi argomenti al meeting di Comunione e liberazione a Rimini, dove usò l’espressione «meticci», suscitando un vespaio di polemiche.