Per avere la “fotografia” più nitida dello stato di agitazione del centrosinistra sulle unioni di fatto bisognava rivolgersi ieri a Gianfranco Fini. Il leader di An, appena rientrato da Washington, non ha perso tempo a bacchettare i suoi, rei – insieme agli altri partiti del Polo – di aver presentato una mozione parlamentare sulle unioni civili. «Presentare una mozione – è stato il ragionamento che i membri dell’esecutivo aennino si sono sentiti rivolgere dall’ex vicepremier – è stato un errore. Era meglio aspettare, per poter metter in evidenza le diverse posizioni nel centrosinistra».
E infatti – nonostante ai ministeri di Barbara Pollastrini e Rosy Bindi si lavori giorno e notte all’elaborazione della proposta da portare a palazzo Chigi – le già note differenze nella maggioranza sulle unioni civili si sono ulteriormente acuite. Il problema non è soltanto quello sollevato da Rifondazione, che con Titti De Simone ha giudicato «insufficiente» l’accordo di massima raggiunto dalle ministre titolari del dossier. Tutt’altro. A preoccupare l’Ulivo (e con esso anche Rosa nel pugno e sinistra radicale) è la fermezza con cui l’Udeur continua a difendere a spada tratta la mozione presentata alla Camera. Non solo: l’azione dei colonnelli di Mastella – che ieri l’altro ha ribadito al Riformista la sua decisione di astenersi qualora la bozza Pollastrini-Bindi arrivasse in consiglio dei ministri – sta contagiando anche altri settori della maggioranza (soprattutto all’interno dell’Italia dei valori), che potrebbero riposizionarsi su una linea più attendista.
L’allarme rosso che annuncia il redde rationem ancora non è stato dato. Ma il capogruppo alla Camera dell’Udeur ha nuovamente contattato il ministro dei Rapporti col Parlamento Vannino Chiti, al quale ha detto: «È meglio per tutti se teniamo il governo fuori da questa storia delle unioni di fatto. Noi consideriamo questa materia di competenza parlamentare. Ma mi spieghi cosa ci avremmo guadagnato quando su questo tema si produrranno altre divisioni all’interno dell’esecutivo?». Archiviato il faccia a faccia con Chiti, Fabris ha recitato lo stesso canovaccio nella riunione tra i capigruppo di maggioranza durante la quale, ancora ieri, Dario Franceschini ha tentato di riportare il sereno usando come grimaldello il programma di governo. Naturalmente senza risultati visto che l’Udeur, non avendo apposto la propria firma ai capitoli sul tema, non si riconosce (né si sente “vincolata”) agli impegni presi sulle unioni civili.
È stato proprio durante la riunione di ieri pomeriggio a Montecitorio che tutti i nodi sono riemersi. E mentre Franceschini tentava faticosamente di riportare ordine, Fabris ha risposto alle proteste della sinistra radicale dicendo: «Ma non è meglio anche per voi se tentate di far passare alla Camera una mozione per le coppie di fatto unendovi agli ultra-laici del centrodestra?». Poi, rivolgendosi al capogruppo del Prc, il colonnello mastelliano ha aggiunto: «Caro Migliore, per noi non c’è alcun problema se voi riuscite a metter su una maggioranza trasversale sulle unioni civili. D’altronde non siamo certo come voi, che quando si parla di voti trasversali tirate sempre fuori lo spettro delle operazioni neocen-triste…». La riunione si è quindi chiusa con un nulla di fatto che -nella peggiore delle ipotesi messe in conto anche dai maggiorenti ulivisti – potrebbe anche riaprire il conto non ancora chiuso con i teodem margheritini, per ora alla finestra.
La resa dei conti è rinviata alla prossima settimana. Per la precisione a martedì, giorno in cui dovrebbe aver luogo il voto della Camera sulle mozioni parlamentari. Tanta è la confusione sotto il cielo unionista. Per dirla con le parole di Gennaro Migliore, «ancora non è ben chiaro a che livello sarà possibile una mediazione». I voti della Camera potrebbero, come rimarcava ieri pomeriggio il capogruppo della Rosa nel pugno Roberto Villetti, «anche essere un ulteriore pungolo per l’azione del governo». Ma cosa succederebbe se l’azione dell’esecutivo venisse anticipata da un voto contrario di Montecitorio?
Le uniche certezze, in questo momento, riguardano il lavoro congiunto dei ministeri delle Pari Opportunità e della Famiglia, che guardano a una modifica del regolamento anagrafico che abbia come punto di arrivo un provvedimento simile a quello votato qualche settimana fa dal consiglio comunale di Padova. A questo proposito, ha fatto sentire la sua voce l’estensore di quella proposta che aveva portato il comune di Sant’Antonio alle cronache nazionali. «L’idea di Padova non funziona per una legge dello Stato per la tutela delle coppie di fatto. La classe politica rischia di essere sempre più scollata dalla società», ha detto ieri Alessandro Zan, consigliere comunale Ds a Padova e responsabile iniziative politiche Arcigay.