«È un accordo che difficilmente migliorerà il servizio e sicuramente non abbasserà le tariffe. Così i benefici per i cittadini spariscono»: parole pesanti come pietre. Marco Ponti, docente di Economia dei trasporti al Politecnico di Milano e collaboratore del «pensatoio» della voce.info, boccia senza appello l’intesa siglata mercoledì sera da Walter Veltroni e dai tassisti romani per l’applicazione del decreto Bersani. E non è l’unica voce critica. Nel giro di 24 ore una piccola bufera si è abbattuta sul Campidoglio, che aveva celebrato la firma del protocollo per il potenziamento del servizio come un evento «storico». Ma nella maggioranza c’è malumore e imbarazzo per la linea soft adottata dal sindaco di Roma. E i consumatori del Codacons sono sul piede di guerra: non vogliono aumenti dei prezzi, mentre Veltroni, per ottenere il via libera dei sindacati di destra all’accordo, si è impegnato a discutere già a partire dalla prossima settimana l’adeguamento delle tariffe.
«E una beffa – va all’attacco Daniele Capezzone, segretario dei Radicali e presidente della commissione Attività produttive della Camera-. Il decreto Bersani nasceva come una liberalizzazione che avrebbe dovuto aprire il mercato per migliorare il servizio e far scendere i prezzi. Invece alla fine non ci saranno nuove licenze e le tariffe aumenteranno. Quella di Veltroni di mediare con i tassisti non è stata una buona idea, il sindaco ha dato l’impressione di cedere alle prepotenze corporative. Veltroni si è assunto la responsabilità di depotenziare una riforma possibile».
Secondo Amedeo Piva, coordinatore della Margherita in Campidoglio, «l’intesa è molto importante e permette il reale potenziamento del servizio». Ma poi lo stesso esponente del partito di Rutelli riconosce che «non è una liberalizzazione, ma è solo un primo passo. Si poteva fare di più. Ma interverremo di nuovo». Tace invece per adesso il ministro per le Attività produttive, Pierluigi Bersani. Nella trattativa di mercoledì fra Comune e tassisti, secondo quanto hanno riferito diversi testimoni, l’assessore Mauro Calamante ha più volte invitato i sindacalisti a capire che «qualche pezzo del decreto lo dobbiamo salvare, qualcuna delle misure varate da Bersani dobbiamo mantenerla, altrimenti non è possibile alcun accordo». E alla fine il compromesso scaturito – come sintetizzato da Donato Robilotta, capogruppo dei Socialisti nella Regione Lazio – «è un semplice prolungamento dei turni. La liberalizzazione del sistema doveva servire ad aumentare il numero dei taxi, migliorare il servizio e e abbassare i costi: non mi pare che l’accordo risponda a questi obiettivi. Lo spirito del decreto Bersani è stato tradito».
«Non consentiremo alcun aumento delle tariffe, semmai devono scendere dice invece Carlo Rienzi, presidente del Codacons. Un sogno irrealizzabile quello dell’abbassamento dei prezzi. Almeno a sentire le tesi del professor Ponti: «In questo accordo c’è una componente volontaria affidata ai tassisti troppo forte, aumenterà l’offerta solo nel breve periodo. Solo un aumento obbligatorio dell’offerta fa perdere valore alle licenze e fa abbassare i prezzi. Sono le regole base del monopolio». All’economista del Politecnico non piacciono nemmeno le tariffe predeterminate per gli aeroporti: «Va bene il prezzo fisso, ma libero: ogni cooperativa dovrebbe scegliere quale tariffa applicare e pubblicizzarla. Questa è concorrenza». E da Palazzo Chigi sottolineano che a pagina 130 del programma elettorale dell’Unione si parlava di «liberalizzione nei settori della distribuzione dei farmaci e dei taxi». I medicinali da banco sono ormai arrivati nei supermercati. Le licenze delle auto bianche restano invece privilegio per pochi.