RADICALI ROMA

Tornano segreti i fondi alla politica

  Giù le mani dai partiti. Qualche sacrificio lo si può anche fare, ma sui finanziamenti alla politica non si fanno sconti. Il decreto “mille proroghe”, al quale ieri notte il Senato ha votato la fiducia doveva contenere di tutto e di più, ma alla fine lo stesso governo ha dovuto ammettere che si era proprio “esagerato” e a colpi di forbici ha portato il testo verso più miti spese. Ma se – pur in campagna elettorale – si è rinunciato senza troppe storie a regalare al comune di Carole la possibilità di vendere beni demaniali o si è deciso di rinunciare alla “business class” nei viaggi in aereo per missioni diplomatiche, sul finanziamento ai partiti non s’è ceduto di un millimetro.
 
Il cuore del decreto appena varato dal Senato resta proprio lì: riscuotere i crediti maturati con i partiti sarà una missione quasi impossibile. E’ vero che soldi che ricevono,a titolo di rimborso elettorale potranno essere fatti valere come garanzie nei confronti dei vari creditori. Ma questi ultimi, se i partiti risulteranno insolventi, non potranno chiedere la restituzione del debito ai tesorieri delle diverse forze politiche (a meno che non riescano a dimostrare il loro dolo o colpa grave), la norma vale anche per i procedimenti in corso. Non solo: se s’istituisce un fondo di garanzia per “soddisfare” i debiti dei partiti contratti prima dell’entrata in vigore della legge, è pur vero che la “cassa” viene alimentata con l’1 per cento delle risorse stanziate da tutti i partiti (“troppo poco – commenta l’opposizione – di fatto siamo di fronte a una mancanza di copertura di spesa”).
 
Di più: se un partito otterrà un finanziamento o un contributo fino a 50mila euro non avrà alcun obbligo di dichiarare tale somma o di procedere all’autocertificazione. Nella legge attuale il tetto oltre il quale deve scattare la “trasparenza” è di cinque milioni di lire. L’aumento quindi è di 20 volte, ben oltre la rivalutazione monetaria. Ma non basta. Il testo del governo prevede un’altra novità: il rimborso per le spese elettorali che, secondo la normativa attuale dovrebbe risultare sospeso in caso di scioglimento anticipato delle Camere, dovrà essere invece “comunque effettuato”.
 
Una bella sequenza di regalie rimaste intatte cui fanno da contraltare molte norme bocciate. Il decreto “mille proroghe” infatti ha rinunciato a diversi provvedimenti di cui è stata ammessa la mancanza di copertura. Sono sparite le assunzioni extra inizialmente previste all’Antitrust (68 posti) e al Consiglio di Stato (5 consiglieri), stessa linea per le assunzioni e promozioni all’Avvocatura di Stato. Cancellata la proroga di 12 anni alla concessione per realizzare le reti e garantire la gestione del gas; sacrificata la proroga dei benefici fiscali da concedere ai benzinai: annullata la parificazione fra lo stipendio dei dipendenti alla vigilanza dei Lavori Pubblici e quelli alla Banca d’Italia. Niente da fare anche per l’allungamento dei termini agli enti locali per la presentazione dei bilanci preventivi. Cancellate le norme che prevedevano un albo per le guardie giurate e la proroga dei contratti a tempo determinato della Croce Rossa.
 
Cosa resta allora del mille-proroghe oltre ai “bonus” concessi ai partiti? E’ rimasta la norma che proroga alcune missioni militari all’estero, a cominciare da quella in Irak (rifinanziata per oltre 212 milioni di euro); è prevista l’indennità di missione per la Polizia di Stato; sono stati confermati gli interventi per le zone terremotate del Belice (poco meno di 90 milioni in 15 anni, è intatto il contributo di 8 milioni di euro per Genova capitale della cultura europea. Ce l’hanno fatta anche gli austroungarici., i loro eredi che oggi vivono su territorio italiano avranno altri 5 anni di tempo per chiedere la cittadinanza. Certo, il lavoro di taglia e incolla deve essere stato duro, ma sull’integrità delle norme sui partiti non vi è stato alcun dubbio. “Ci mancava altro che si toccassero quelle” ha ammesso il sottosegretario ai rapporti con il Parlamento Cosimo Ventucci, quanto alle misure tagliate “i parlamentari le avevano proposte non nel loro interesse, ma in quello della comunità”.