RADICALI ROMA

Unione, lite sui seggi Pannella vicino a un posto in Senato

  Ha minacciato barricate, fatto irruzione nella tribuna del Senato durante l’elezione di Marini, tuonato contro l’«oligarchia fascista che ha violato la legge», convocato a simposio illustri giuristi e anche digiunato, pur di imporre all’attenzione la causa dei seggi «negati». Sembrava una battaglia persa. E invece Marco Pannella, forse il più scomodo (per gli alleati) tra i leader di partito dell’Unione, potrebbe presto varcare la soglia di Palazzo Madama. E tornare a sedersi, dopo 14 anni, su uno scranno del Parlamento italiano.
 
 
LE LOBBY — La possibilità che la giunta delle elezioni del Senato accolga il ricorso della Rosa nel pugno è sempre più concreta. Martedi alle 12 l’organismo cui spetta la sentenza sulla «battaglia di legalità» dichiarata dall’alleanza radical-socialista ascolterà la relazione di Roberto Manzione, il vicepresidente  della commissione Giustizia e membro della giunta cui è toccato il riesame delle elezioni in Piemonte. L’istruttoria è ultimata e il relatore, il solo ad aver sfidato le lobby bipartisan schierate a difesa degli eletti, proporrà di nominare un comitato inquirente. «Non mi sento di dire che il quesito della Rosa nel pugno è infondato — dispensa speranze Manzione —. E sono certo che il Piemonte farà scuola».
 
 Il seggio a rischio è quello di Franco Turigliatto, «dissidente» di Rifondazione noto alle cronache per il no al rifinanziamento della missione in Afghanistan. E il primo dei non eletti è Ugo Intini, capolista della «Rosa». «Ho già deciso — anticipa il viceministro agli Esteri — se la giunta accoglie il ricorso e  l’Aula approva la decadenza  di Turigliatto, io mi dimetto». E se Intini si dimette entra Pannella, secondo in lista in tutte le regioni…
 
  Che il ricorso della Rosa  non fosse infondato lo disse,  era luglio, anche il ministro degli Interni Giuliano Amato e il fatto che ora lo ripeta Manzione fa ben sperare Pannella. E tremare gli alleati dell’Ulivo, che temono l’ingresso a Palazzo Madama, dove i numeri sono da brivido, di un drappello di spinosissimi rosapugnati: oltre a Pannella e Intini sono in corsa Rita Bernardini e Gerardo Labellarte.
 
 L’OSTRUZIONISMO — Il segretario dei Radicali Daniele Capezzone incrocia le dita e si appella a Napolitano, Marini e Bertinotti: «Pannella scomodo? Mi auguro che nessuno nell’Unione valuti la nostra istanza col bilancino della politica. E’ una questione di legalità». Per impedire a Manzione di relazionare martedì i senatori dell’Ulivo Antonio Boccia (Margherita) e Felice Casson (Ds) si sono prodotti in un ostruzionismo sfacciato, che si spiega anche con il calibro dei seggi traballanti: a rischio i ds Giorgio Mele e Colomba Mongiello e, per la Margherita, Zanda, Fisichella, Sinisi, Pasetto.
 
 L’antefatto. All’indomani delle Politiche, mentre la Cdl denunciava presunti «brogli», radicali e socialisti presentavano un esposto in tutte le Corti d’Appello per rivendicare l’elezione di otto senatori. «Trombati» secondo Pannella-Bonino-Boselli non dagli italiani, ma da una errata interpretazione della legge elettorale. Sì, perché in Piemonte, Lazio, Campania e Puglia, dove i Poli non hanno raggiunto il 55 per cento dei voti, le Corti d’Appello hanno tenuto fuori dalla ripartizione dei seggi i partiti che non avevano superato la soglia del 3 per cento. Una lettura che il ricorso della Rnp ritiene frutto di un «grosso abbaglio».
 
 Nella scorsa legislatura l’allora presidente della Giunta delle elezioni Giovanni Crema riuscì a far decadere due senatori. «E ricollocammo sui loro legittimi scranni i candidati ingiustamente non eletti — ricorda con orgoglio il deputato della Rosa —. La mia esperienza mi dice che Manzione accoglierà il ricorso».