RADICALI ROMA

Unioni civili, la battaglia di Roma

Il Consiglio Comunale di Roma si sta apprestando, in un clima di scontro tra guelfi e ghibelli­ni, a discutere dell’approvazione del Registro delle Unioni Civili, a seguito di una delibera di iniziati­va popolare sottoscritta da oltre 10.000 cittadini. Questa discussio­ne e le decisioni che ne seguiran­no stanno diventando sempre più emblematiche di come il Pd a gui­da Veltroni saprà affrontare i nodi delle questioni relative ai diritti ci­vili, e più in generale di quanto il Pd e il suo leader sapranno decide­re su temi di questa portata resi­stendo alle invadenze di campo e ai condizionamenti delle gerar­chie vaticane e quindi di quanta fermezza ci sarà nell’affermazione piena del valore della laicità dello stato come valore guida di tutto il partito.

 

 

 

Un accordo che sembrava a porta­ta di mano, a seguito di una fatico­sa mediazione portata avanti dal vicesindaco Maria Pia Garavaglia, sta rischiando di naufragare in queste ore a seguito dell’accensio­ne dei riflettori sul «caso Roma» da parte delle solite gerarchie di Oltretevere: in primis un articolo di avvertimento di Avvenire nei gior­ni scorsi, poi l’incontro tra Veltro­ni e il cardinal Tarcisio Bertone, e poi ancora le dichiarazioni della senatrice teodem Paola Binetti se­condo cui «il registro civile a Ro­ma è una cosa inaccettabile. Bene­detto XVI si è espresso contro e se passa, qualcuno penserà che Vel­troni non può governare la città del Papa». Per non parlare delle di­chiarazioni offensive per la digni­tà delle migliaia di conviventi etero ed omosessuali romani del novello Pio IX vice-capogruppo del Pd di Roma Amedeo Piva, secon­do cui quella del Registro è «una delibera inutile ed inopportuna» e chi si impunta «si scontrerà con­tro un muro invalicabile» (forse quello di Porta Pia?). Tanto basta per creare un caso, ed il tutto alla vigilia della discussio­ne in Commissione Giustizia al Se­nato sui Contratti di Unione Soli­dale, per l’approvazione dei quali Veltroni segretario ha speso in que­sti mesi, fin dalla campagna per le elezioni primarie, parole forti ed impegnative.

 

 

 

Alle parole però devono seguire dei fatti, pena il rischio forte di per­dere in credibilità politica e di far perdere la faccia a quanti ancora si battono per affermare pienamen­te il principio di autonomia e laici­tà dello stato come «valore guida» del futuro Pd. E i fatti non posso­no certo essere il baratto tra la boc­ciatura esplicita del registro e l’ap­provazione di un blando documento che scarica al Parlamento la patata bollente dei diritti dei conviventi, come si vocifera in queste ore. Anche perché la Roma di Veltroni, rispetto a tanti altri co­muni italiani – da ultimo Ancona – che da anni hanno varato stru­menti di questo tipo, anziché svol­gere un ruolo tra i comuni capofi­la, rischierebbe di essere semplice­mente l’ultima ruota del carro. E questo di certo il Pd veltroniano, amante dei primati e dell’eccellen­za, è l’unica cosa che non può permettersi.

 

 

 

Personalmente sono consapevole del valore prettamente simbolico dell’approvazione di un Registro a Roma e del fatto che la vera batta­glia sarà quella che si svolgerà in Senato. Ma è anche del tutto evidente come le due questioni si tengano strettamente assieme per il fatto che la figura del Sindaco di Roma coincide con quella del se­gretario del Pd e con quella del probabile futuro candidato premier del centrosinistra. Questo mi por­ta a dire che è ormai indubbiamen­te arrivato il momento del redde rationem per la leadership di Veltro­ni e per la tenuta del Partito Demo­cratico sul tema dei diritti dei con­viventi e che non ce la si potrà ca­vare facilmente con compromessi al ribasso che rinviino il problema

 

sine die.

 

 

 

Le strade che Veltroni ha a sua di­sposizione per esercitare la sua lea­dership a mio parere non sono che due: o investirà tutto sul segna­le politico che si produrrebbe nel paese e sul Parlamento con l’ap­provazione del Registro da parte del Consiglio Comunale capitoli­no (segnale che potrebbe produrre effetti anche a lungo periodo nella prospettiva della futura campagna elettorale), oppure sarà costretto ad impegnare personalmente tut­ta la sua credibilità di leader politi­co nell’incerta battaglia del Sena­to, col rischio che pezzi consisten­ti del suo gruppo parlamentare possano non seguire le sue indica­zioni compromettendo l’immagi­ne dell’intero partito. Tertium non datur, pena l’avvio di una deriva clericale che segnerebbe la perdita definitiva di credibilità del Pd ver­so il mondo laico del nostro Paese. Personalmente ritengo che la se­conda strada sia – in una prospetti­va di lungo periodo – la più imper­via e pericolosa per lo stesso Veltro­ni, in quanto egli rischierebbe di diventare suo malgrado l’ultimo di una lunga serie di leader politici italiani che su questo tema hanno parlato al vento, venendo poi con­traddetti dalle proprie maggioran­ze parlamentari. Lo sarebbe per­ché di fatto si consegnerebbe la lea­dership del segretario nazionale del Pd su un tema come questo in ostaggio a quella piccola pattuglia di senatori teodem che finora hanno impedito con azioni effica­ci ogni tipo di decisione parlamen­tare sull’argomento. Al tempo stes­so questa sarebbe indubbiamente anche la strada che potrebbe far conseguire i risultati migliori, cioè l’approvazione di una legge da par­te del Parlamento, atto ben più im­portante di qualsiasi registro. Que­sto però a condizione che Veltroni riesca a dimostrare di saper impor­re una condotta parlamentare an­che a quei senatori più inclini alle indicazioni delle gerarchie di Oltretevere, impresa che i più giudi­cherebbero alquanto ardua. Di certo Veltroni non può pensare di limitarsi a stare zitto e fermo. La «politica del semaforo» di guzzantiana memoria, infatti, è proprio quella che è stata perseguita finora in questi anni dai vari leader del centrosinistra e che costringe l’Ita­lia all’impossibilità di varare quel­le riforme civili come i Cus, il testa­mento biologico o una riforma della legge sulla procreazione assi­stita che altri paesi hanno varato da tempo.

 

 

 

La nuova stagione che molti si au­gurano di vedere all’opera dipen­de molto quindi dalle scelte che fa­rà Veltroni nelle prossime ore. Non è più il tempo del «ma an­che», ma è giunto il momento del­le scelte. Ci aiuti Veltroni a non de­ludere le speranze e i sogni di liber­tà di quella maggioranza di italia­ni che vorrebbe vivere una nuova stagione di libertà.

 

NOTE

Componente Commissione Manifesto dei Valori Pd