da Il Manifesto del 4 dicembre 2007, pag. 9. di Eleonora Martini.
Esistono già in oltre trenta comuni italiani, ma a Roma, nella città dei papi, proprio non si può. La trattativa sui registri delle unioni civili che solo un paio di settimane fa sembrava in dirittura d’arrivo in Campidoglio aveva cominciato a fare acqua sotto i colpi sferrati dalle colonne dell”Avvenire, il quotidiano della Cei, ed è naufragata del tutto dopo l’incontro di giovedì scorso tra il sindaco Wal-ter Veltroni e il segretario di Stato Vaticano, il cardinale Tarcisio Bertone. Ma questa volta a fame le spese potrebbe essere tutto il centrosinistra romano, incapace di reagire al veto esterno imposto contro la discussione su due delibere che chiedono di istituire un registro comunale delle coppie di fatto: una di iniziativa popolare presentata dai Radicali il 5 giugno con oltre 10 mila firme e che quindi per legge va discussa entro il 5 dicembre, e l’altra di iniziativa consiliare firmata da Roberto Giulioli (Sd) e dal socialista Gianluca Quadrana, capogruppo della Rosa nel pugno.
Cosicché ieri Veltroni incontrando per un’ora e mezza i capogruppo di maggioranza ha tentato una mediazione con il fronte opposto, quello composto da Rnp e dai partiti della «Cosa rossa», proponendo di sostituire le due delibere con un più generico Ordine del giorno. Nel quale si riafferma il principio vigente a Roma fin dal 1989 di riconoscimento della famiglia anagrafica, e si impegna il sindaco e la giunta a chiedere al Parlamento di legiferare in materia nei tempi più rapidi possibili. Ma durante il vertice in Campidoglio c’è stato anche chi, come l’assessore al personale Lucio D’Ubaldo (Pd), ha suggerito di uscire dall’impasse istituendo un più neutro «registro delle Solidarietà civili». Proposta che è piaciuta anche ai Verdi romani, come ha dichiarato ieri il presidente Riccardo Mastrorillo.
Ovviamente gli autori e i promotori delle due delibere, soprattutto quella di iniziativa popolare, non hanno affatto apprezzato certi escamotage. «Se avessero trovato un accordo sulla proposta consiliare – spiega Massimiliano Iervolino, segretario dell’associazione Radicali Roma e primo firmatario della delibera popolare presentata insieme alle associazioni lgbt – avremmo anche potuto fare un passo indietro. Ma siccome la trattativa finora intavolata è stata completamente azzerata da Veltroni, a questo punto chiediamo che si rispetti la legge: secondo l’articolo 8 dello statuto capitolino la delibera va votata entro il 5 dicembre altrimenti procederemo per vie legali». Per questo, annusando l’aria, già da venerdì scorso i radicali e il movimento lgbt hanno indetto una fiaccolata «in difesa di Roma laica» che si terrà oggi sotto le finestre del Campidoglio dalle 18 alle 20,30. In tre giorni sono arrivate decine di adesioni di associazioni, circoli e singoli cittadini, soprattutto del movimento omosessuale, ma anche intellettuali, sindacalisti e politici di tutti i partiti della maggioranza, perfino del Pd, che chiedono «il rispetto delle regole e la non obbedienza ai voleri del Vaticano».
D’altra parte anche la proposta firmata da Giulioli e Quadrana era già stata emendata dopo una lunga trattativa condotta dalla vicesindaco Mariapia Garavaglia. Alla fine il testo concordato stabiliva soltanto l’istituzione di un registro delle unioni civili, ma rinviava alla Giunta comunale di deliberare entro sessanta giorni riguardo i diritti e i benefici di cui potevano godere le coppie registrate. Così è stato fatto in molte delle altre 30 città italiane munite di registri simili. Diversamente, a Padova si è preferito applicare le leggi vigenti che riconoscono la famiglia anagrafica basata su vincoli affettivi, e dare invece la possibilità alle coppie di fatto di ottenere un certificato da esibire all’occorrenza. «Più utile e meno discriminatorio perché passa direttamente per l’anagrafe», spiega Alessandro Zan, consigliere comunale padovano e presidente dell’Arcigay Veneto. A Roma invece il rischio è che si ricalchino le orme nazionali. Un po’ come passare dai Pacs ai Dico, per insabbiare tutto sperando che non riemerga. Anche se le notizie dal fronte parlamentare parlano di una proposta definitiva sui Cus (Contratti di unione solidale), perfino migliore dei Dico, quasi messa a punto da un comitato ristretto di membri della Commissione giustizia del Senato e dal relatore Cesare Salvi. Avrebbe dovuto essere presentata proprio in questi giorni, ma per il momento è ferma. Ma se sta per arrivare la legge nazionale, dice Veltroni, a che serve il registro delle unioni civili a Roma? E d’altra parte, se il governo sta preparando la sua caduta, dicono altri, a che serve legiferare sulle coppie di fatto?