da Il Manifesto del 19 dicembre 2007, pag. 6. di Eleonora Martini. All’indomani del voto in Campidoglio che ha bocciato il registro delle unioni civili a Roma, nessuno nel centrosinistra festeggia davvero. Nemmeno nella compagine cattolica del Pd, dove alla soddisfazione di aver mantenuto l’unità del partito vincendo il braccio, di ferro interno si è aggiunta però l’amarezza di vedere dissolta la coalizione di maggioranza capitolina. E le onde del sisma locale si sono rapidamente propagate ieri fino agli scranni parlamentari nazionali, a testimonianza del grande valore simbolico della battaglia politica giocata nell’aula Giulio Cesare sul terreno dei diritti civili. «Il no del Campidoglio – ha detto ieri nel coro del centrodestra Isabella Bertolini, vicepresidente dei deputati di Forza Italia – rappresenta il de profundis per i Cus», il ddl sui Contratti di unione solidale (ex Dico) licenziato dalla commissione Giustizia del Senato che deve ora passare all’esame dell’Aula. In Parlamento, spiega Bertolini, i Cus non supereranno mai lo scoglio della «ferma opposizione nostra e di tutti i moderati dell’Unione». Con toni e argomentazioni diverse, la ministra della Famiglia Rosi Bindi conferma però la sostanza: per le unioni solidali la maggioranza non si troverà, dice, «anche a causa di alcuni profili incostituzionali». Questo il dibattito italiano nel giorno in cui anche dall’Ungheria arriva la notizia dell’approvazione del registro nazionale delle unioni civili, anche omosessuali.
Eppure c’è chi non ha intenzione di arrendersi alla supremazia degli equilibri politici meno che mai quelli imposti dal Vaticano, e rilancia: «Ora la parola passa di nuovo alla cittadinanza», ha spiegato ieri il consigliere capitolino socialista Gianluca Quadrana dando notizia della decisione del suo partito e dei Radicali di presentare domanda per un referendum comunale consultivo sul registro delle unioni civili. «Facciamo appello a tutte le forze di sinistra, i partiti che credono ancora nella laicità dello stato, le associazioni, i sindacati, e tutto il movimento lgbt-continua – affinchè ci aiutino a raccogliere in tre mesi le 50 mila firme necessarie. È un obiettivo impegnativo, è vero, ma il quorum di approvazione previsto dal regolamento comunale romano è solo del 30%». Per il segretario nazionale dell’Arcigay Aurelio Mancuso «non è affatto una cattiva idea». Lo dice con prudenza perché è presto per esprimersi: «Per il momento l’unica certezza è che a metà marzo riempiremo di nuovo Roma con la manifestazione nazionale “Liberitalia, libero amore in libero stato”». Mancuso non nasconde però la delusione delle associazioni lgbt per il no al registro anche perché, spiega, «non è solo una battaglia ideologica». Come nelle altre decine di città italiane dove il registro già esiste, infatti, «l’estensione di diritti alle coppie registrate dipendono dai regolamenti attuativi dei comuni – continua Mancuso – per esempio il diritto di prelazione sull’assegnazione delle case popolari garantito ai conviventi more uxorio eterosessuali sarebbe esteso anche alle coppie omosessuali». «Quella scritta lunedì è una pagina nera della politica italiana», aggiunge Paola Concia, presidente di DiGay Project, vicina ai Ds. «Siamo stretti tra questo Vaticano fragile e perciò aggressivo come i suoi portavoce, e una politica solo fragile, che si arrocca su posizioni rigide. Stanno facendo carne da macello delle nostre vite, ma su questa battaglia dei diritti civili si sta giocando altro: c’è il disegno del Vaticano di distruggere il Pd perché rappresenta un passaggio storico, l’unità tra riformisti e cattolici. Per questo chiedo al Pd di non cedere e rilanciare il forum sui diritti civili».
Per la sinistra invece la sconfitta «non è politica, ma dell’intera città», come dice la consigliera Prc Adriana Spera: «Roma non è la città bigotta che vorrebbero, è una metropoli che vede aumentare ogni anno il numero di coppie di fatto e diminuire i matrimoni civili e religiosi». Dall’altra parte della maggioranza il consigliere dielle Amedeo Piva, anche lui protagonista della tentata mediazione: «È stata un’inutile sfida tra la sinistra e il Pd. Senza fiducia reciproca c’è solo scontro frontale», dice negando che il naufragio sia avvenuto sullo scoglio di quelle due paroline indicibili all’ombra del Cupolone: «unioni civili». «H registro avrebbe solo creato tensioni con una parte della nostra città», aggiunge. Ed è inutile chiedergli di quale parte stia parlando.