RADICALI ROMA

Veronesi: fate testamento biologico

  Provocazione di Umberto Veronesi. L’oncologo ed ex ministro della Sanità offre, presso la sua Fondazione, un registro per depositare il proprio testamento biologico. «La decisione a proposito di un possibile accanimento terapeutico spetta al malato quando ancora può prenderla», ricorda Veronesi. Dalla sua parte almeno una decina di giuristi.

 

 

 

L’istituzione di un registro per chi vuole fare testamento biologico presso la «Fondazione Umberto Veronesi» ( www. Fondazioneveronesi.it). Il gruppo di giuristi che fanno parte della Fondazione, 10 dei quali oggi a Roma, saranno garanti della volontà di chi, nel pieno delle facoltà mentali, sottoscrive un documento in cui è chiara la scelta riguardo a un eventuale accanimento terapeutico. Insomma la decisione non può e non deve essere dei medici bensì del malato stesso. Libera, e presa quando la coscienza ancora lo consente.

Ed è un medico a lanciare la provocazione in un Paese che, nonostante un dibattuto documento espresso dal Comitato nazionale di bioetica (Cnb) e tre proposte di legge «insabbiate» in Parlamento, non ha ancora varato norme al riguardo. Il medico provocatore è Umberto Veronesi: «Io, il testamento biologico l’ho fatto e l’ho affidato a una persona di mia fiducia. La mia paura non è la morte, ma la perdita delle facoltà mentali, della mia coscienza. Dovesse accadere, già da ora ho deciso liberamente che non voglio accanimenti terapeutici».

IL DIRITTO — Umberto Veronesi rivendica il diritto di autodeterminazione in Italia e rilancia il dibattito sul «testamento biologico, o di vita» con una tavola rotonda (oggi a Roma, alle 13, presso la Cassa Forense) coordinata da Maurizio De Tilla, a cui partecipano alcuni giuristi esperti in materia (Guido Alpa, Luigi Balestra, Giovanni Bonilini, Lorenzo D’Avack, Rossana Cecchi, Gilda Ferrando, Salvatore Patti, Pietro Rescigno, Michele Sesta, Diana Vincenti Amato), il cardinale Ersilio Tonini e monsignor Silvano Tomasi, Osservatore permanente della Santa Sede all’Onu. «Non dobbiamo aspettare la prossima Eluana Englaro o un’altra Terry Schiavo per riaprire il dialogo sull’accanimento terapeutico — dice Veronesi —. Sfugge al legislatore che oggi il prolungamento o accorciamento della vita non sono valori in sé, ma lo sono in quanto assecondano il progetto di vita di ognuno di noi. La maggior parte dei malati, e una percentuale sempre più alta di popolazione sana, è favorevole al principio dell’autodeterminazione e della parità, in termini di diritti/doveri, con il mondo medico sanitario. Il paternalismo è superato in tutti i modelli sociali e negli ultimi anni lo stesso è avvenuto nel rapporto medico-paziente. Di fronte ad una medicina che estende sempre più le sue capacità tecniche, la gente sente il bisogno di riappropriarsi delle scelte che riguardano la propria esistenza, e la sua qualità, in ogni fase, compresa quella finale».

IL CONSENSO — Il percorso è iniziato con l’introduzione dell’obbligo del consenso informato alle cure ed ha come tappa naturale il principio delle volontà anticipate da applicare quando, per motivi gravi di salute, non è possibile farle valere di persona. «Certo è un principio di responsabilità della vita — continua l’oncologo milanese — che pare in contrasto con quello della sacralità della vita (Dio ci dà la vita e Dio ce la toglie). Forse questo è il grande dilemma. Che però non deve arenare l’iter legislativo, negando un principio che non è in discussione perché si basa sul diritto alla salute e alla libertà personale riconosciuti dalla Costituzione».
Il testamento biologico non va però confuso con l’eutanasia, che è invece la richiesta esplicita e cosciente del malato di porre fine alla propria esistenza, quando questa sia diventata insopportabile. «Io mi batto anche per l’eutanasia — incalza Veronesi —. Ma una cosa per volta. Il testamento di vita vuole colmare la frattura della sopravvenuta incapacità dell’individuo di fare scelte coscienti ed è dunque uno strumento dell’autonomia dei malati. Nel nostro Paese non esiste una normativa, anche se in linea di principio le volontà anticipate possono essere considerate valide nel nostro ordinamento e tenute in considerazione dai medici».

LA LEGGE — In realtà manca una legge che obblighi a seguire il testamento biologico come negli Stati Uniti e in diversi paesi del Nord Europa (Olanda, Belgio, Danimarca, Germania). E in una situazione di vuoto normativo il tutto è affidato alla discrezionalità del medico, che a sua volta non è tutelato. «Nei Paesi dove la normativa c’è — conclude Veronesi — l’adesione della popolazione è forte. Negli Stati Uniti, i primi a regolamentare il living will ( Natural death act in California, nel 1976), si parla del 15% della popolazione. In Germania, dove la legislazione è recente siamo già all’8-10%». E gli italiani come si comporterebbero? Difficile fare previsioni, ma vale la pena ricordare un recente sondaggio Eurispes sull’eutanasia (scelta ben più controversa): tra i cattolici 38% favorevoli e 48% contrari, tra i non cattolici 69% favorevoli e 18,6% contrari. Indecisi il 12%.