«I diritti civili non ammettono obiezione di coscienza». Ecco perché secondo Enrico Boselli su questi temi «deve valere un vincolo di maggioranza» nell’Unione: prima ancora che in nome di un’agenda programmatica, per evitare che il parlamento diventi un’istituzione che tramuta «il peccato in reato». Per questo ragione di fondo il leader dello Sdi nella Rosa nel pugno ritiene «tutt’altro che elettoralista» il tema della laicità.
Piero Fassino ha appena definito una «caricatura» la critica secondo cui la Quercia avrebbe abbandonato lo spazio laico. Non c’è dubbi che il primo obiettivo della polemica sia la Rosa…
Noi non siamo mai saliti in cattedra per dare lezione di laicità a Fassino, quindi neanche la capisco questa polemica. Invece siamo francamente preoccupati di un’altra cosa: che l’alleanza con la Margherita porti i Ds ad affievolire il loro impegno su questo fronte, che per noi è importantissimo. Per noi laicità è sinonimo di libertà e modernità. Da parte nostra non c è mai stato alcun processo alle intenzioni. Quando si è discusso del programma siamo arrivati alla fine perché per molti mesi siamo stati lasciati in anticamera, e ci siamo battuti perché fosse scritto in modo chiaro che sui Pacs l’Unione si impegna a legiferare gli stessi diritti che esistono nel resto del mondo.
Ed è stato fatto un accordo, che pure voi avete sottoscritto, ancorchè non vi basti.
Noi non abbiamo posto quel tema per ripicca: abbiamo chiesto che quell’impegno fosse espresso in modo chiaro proprio per evitare quello che invece è accaduto in queste ore con la lettera di Binetti e Bobba (candidati della Margherita e firmatari di un impegno di allineamento con i dettami della Cei aperto anche ai cattolici del centrodestra, ndr). Abbiamo firmato il programma, ma pensiamo che se il programma fosse stato scritto in modo più chiaro non si sarebbe creato questo problema. Penso che in quel frangente Fassino, Bertinotti, Pecoraro e Deliberto abbiano sottovalutato la questione e ci abbiano lasciati soli.
Soli ma, appunto, firmatari dello stesso programma…
Mi fa comunque piacere che oggi questi punti vengono riscoperti, da Fassino non meno che da Bertinotti. Perché, per attenersi a evitare caricature, l’ambizione della Rosa nel pugno non è quella di rimanere isolata, minoritaria e settaria su fronte laicità. Avremmo anzi l’ambizione di diventare una grande forza politica della sinistra – e ripeto sinistra – italiana, che parla a milioni di cittadini.
Sennonchè il principio della fondazione laica della politica oggettivamente arranca rispetto ai valori religiosi…
Beh, basta vendere l’ultimo appello del cardinal Ruini: praticamente ha fatto l’elenco dei partiti da votare, ammonendo anche a lavorare per contrastare la diaspora dei cattolici. Al di là della palese ingerenza nella vita politica del paese, qui c’è qualcosa di più profondo…
Qualcosa che non attiene solo all’anomalia italiana in cui si è inverato il falso storico dell’editto di Costantino, se è vero che alla vittoria di Bush è stato determinante l’oltranzismo religioso…
E’ il mondo della secolarizzazione in cui le certezze sono venute meno; certezze ideologiche e filosofiche. A questa crisi si cerca di opporre valori forti, che in gran parte vengono attinti dalle religioni. Questa è la realtà.
Una rifondazione teologica. Ma oltre a germinare sulle nuove paure secolari delle società, il fatto clamoroso è che pervada il pensiero politico.
A questo proposito qualche mese fa mi ha profondamente colpito un’intervista di monsignor Carlo Caffarra, cardinale arcivescovo metropolitano della mia città, Bologna. Titolata a nove colonne sul Corriere della sera, per la prima volta ho letto messa in discussione la profonda distinzione tra il peccato e il reato. La mancata distinzione tra peccato e reato è quello che contestiamo alle nazioni dove il fondamentalismo islamico – ma non solo quello – ha preso il sopravvento. Mi ha molto colpito leggere monsignor Caffarra che contestava alcune dichiarazioni di Romano Prodi proprio in base all’assimilazione del reato al peccato. Che poi, non facciamola lunga, è anche la ragione per cui in Italia non possiamo discutere e fare una legge sui Pacs.
C’è insomma un pudore puritano che impedisce di chiamare le cose con il loro nome?
Al di là delle questioni di merito, la domanda che io faccio è la seguente: perché non possiamo riconoscere diritti e eguaglianza a persone che scelgono di amarsi e vivere insieme senza sposarsi nè in chiesa nè altrove? Perché questo contrasta con la morale cattolica, che considera peccato vivere con un’altra persona, e non parliamo poi delle persone dello stesso sesso. Mi sembra grave che un peccato possa diventare reato. D’altra parte, però, recentemente ho avuto modo di leggere una frase di Angelo Molina, padre gesuita che collabora con Zapatero: «Le leggi civili servono per dare diritti ai cittadini, non per difendere la morale cattolica».
E ci si può aspettare dal futuro partito democratico?
Io non riesco proprio a immaginare un partito democratico dal momento che una delle due forze principali, la Margherita, ha sostanzialmente rinunciato a difendere la laicità della politica. Ma in Italia questo riguarda il parlamento, più che uno schieramento: la legge sulla procreazione insegna. E infatti il problema è ancora più acuto. Perché in quel caso i voti della Margherita furono aggiuntivi, ma oggi rischiano di essere determinanti. Mica per altro ci siamo battuti affinché nel programma ci fosse assoluta chiarezza su alcuni punti: perché altrimenti le leggi civili non si potrebbero fare e si rischierebbe una beffa al parlamento e al paese. E non mi si venga a dire che sono temi eticamente sensibili: i diritti delle coppie di fatto, il divorzio breve, la 194, i finanziamenti alla scuola pubblica e a quella privata con l’etica non c’entrano nulla. C’entrano con la cittadinanza, ovvero con il fatto che la laicità dello stato è un patrimonio di tutti: credenti, non credenti, diversamente credenti. Le abbiamo vinte così tutte le battaglie: avendo sempre dalla nostra parte proprio i cattolici italiani, che si curano di Ruini molto meno di tanta parte della società politica.