Non luogo a procedere perché il fatto non costituisce reato. E’ la formula con cui l’anestesista Mario Riccio che interruppe la ventilazione meccanica aiutando Piergiorgio Welby a morire, è stato prosciolto dall’accusa di ‘omicidio del consenziente’. La decisione è del gup (giudice per l’udienza preliminare) di Roma Zaira Secchi. Il giudice ha stabilito cioè che Welby aveva il diritto di chiedere di interrompere il trattamento medico cui era sottoposto, e l’anestesista che interruppe la ventilazione artificiale aveva il dovere di assecondare questo diritto.
IL FATTO – Piergiorgio Welby, affetto da una grave forma di distrofia muscolare, morì a Roma nel dicembre scorso. L’8 giugno il gup di Roma Renato Laviola respinse la richiesta di archiviazione della posizione di Riccio, chiedendo alla procura di Roma di formulare un ‘capo di imputazione coatto’ e chiedere il rinvio a giudizio del medico per il reato di ‘omicidio del consenziente’.
Il procuratore Giovanni Ferrara ed il sostituto Gustavo De Marinis, titolari dell’inchiesta, preannunciarono che, in sede di esame della richiesta di rinvio a giudizio, la loro posizione sarebbe stata la stessa. Oggi, infatti, il pm Francesca Loy ha sostenuto davanti al gup che con l’interruzione della ventilazione meccanica a Piergiorgio Welby praticata da Riccio è stato attuato un diritto del paziente che ”trova la sua fonte nella Costituzione e in disposizioni internazionali recepite dall’ordinamento italiano e ribadito in fonte di grado secondario dal codice di deontologia medica”, sollecitando il proscioglimento dell’indagato.
LA NOVITA’ – L’avvocato Giuseppe Rossodivita, difensore dell’anestesista, sottolinea l’importanza della sentenza che “riconosce il diritto del malato di rifiutare la terapia o la prosecuzione di terapie non volute”.