«Nessuno può sostenere con certezza che oggi Papa Wojtyla, se non avesse rinunciato a tutta una serie di cure previste nel suo caso, non sarebbe ancora vivo». È la provocazione, contenuta in una nota diffusa dall’associazione Luca Coscioni, di Mario Riccio, l’anestesista che praticò il distacco del respiratore a Piergiorgio Welby, leader radicale. «Ritengo che il Papa abbia rinunciato a tutta una serie di cure previste nel suo caso, tra cui la ventilazione meccanica e l’alimentazione. Inoltre il dottor Mario Melazzini disse, in un’occasione pubblica, che il Papa avrebbe rinunciato anche alla terapia farmacologica anti-Parkinson per le supposte alterazioni della coscienza che questa avrebbe potuto generare, preferendo, sempre a detta di Melazzini, “rimanere lucido” fino alla fine». «Nel rifiutare delle cure Papa Wojtyla ha esercitato un suo diritto – ha spiegato Riccio – Secondo me questa si chiama autodeterminazione, mentre la Chiesa più volte, in particolare durante lo sviluppo della vicenda Welby, ha preferito parlare di “eutanasia passiva od omissiva”». «Questo è nodo fondamentale – ha concluso Riccio – se è vero che non si arriva alla legge sul testamento biologico per l’opposizione di alcuni esponenti politici teo-dem della maggioranza che sembrerebbero accettare l’idea delle direttive anticipate, salvo poi svuotarle di significato escludendo categoricamente la possibilità di sospendere ventilazione ed alimentazione. Il ragionamento secondo cui queste ultime, una volta iniziate, non si possono interrompere, non regge assolutamente né da un punto di vista etico né giuridico».