RADICALI ROMA

Wojtyla, un vero uomo con i pregi ed i difetti dei veri uomini

Un Papa per salvare la nave alla deriva

LA FORZA CHE MANCA AL MONDO LAICO

di Emanuele Severino
Corriere della Sera, pag.1, 4 aprile 2005

C’è un motivo, in qualche modo emergente, per il quale l’uscita di scena di questo pontefice è un gravissimo danno per il mondo cattolico, anzi cristiano: questo Papa è stato capace di fare per le proprie convinzioni religiose quello che nel mondo laico a nessuno è riuscito rispetto alle proprie. Innanzitutto egli ha lavorato in salita – mentre il mondo laico si trova davanti una strada in discesa. Negli ultimi due secoli il mondo occidentale si è sempre più allontanato dal sacro. Chi, per celebrare questo pontificato, contesta questa affermazione, non si accorge di smentire uno dei tratti centrali della diagnosi che lo stesso Giovanni Paolo II ha fornito dell’Europa e dell’Occidente. A suo avviso, il nazismo e il comunismo – figli legittimi delle «filosofie del male» – hanno lasciato in eredità in Europa una «devastazione» morale e culturale così grave da richiedere da parte della Chiesa il più intenso impegno missionario.
Ma questo Papa ha lavorato in salita perché l’allontanamento del mondo occidentale da Dio non è semplicemente un cambiamento di costume o di gusto. Anche se si stenta a capirlo, la filosofia dell’ultimo secolo e mezzo è la punta d’acciaio che anima, dà forza, fa procedere il nostro tempo: essa mostra che lo scavalcamento dei valori del passato è un processo inevitabile . Mostra che il sacro e il divino concepiti come dimensione eterna che domina il divenire e la storia sono impossibili .
Certo, queste sono affermazioni che il Papa non avrebbe mai accettato. Anzi, egli affermava il contrario. Sosteneva che il male del nostro tempo proviene da una filosofia che non può reggere il confronto con la filosofia della tradizione aristotelico-tomistica sul cui fondamento il cattolicesimo si erige. Ma egli affermava il contrario come uno che, in mezzo a un torrente in piena, sostenga che l’acqua va dalla valle al monte. E lo ha sostenuto nel modo più vigoroso, e anche ha agito nel modo più vigoroso perché l’acqua andasse verso il monte. Di qui la sua grandezza, e insieme la sua tragedia, che peraltro egli ha saputo imprigionare sotto la corazza della sua fede. Difficile avere più forza e coraggio nel tentare di salvare una nave che affonda.
Nel mondo laico, nel frattempo, non c’è stato e non c’è nulla di simile a questa forza e coraggio. Nessuno ha saputo fare per il tempo che viene quello che il Papa ha fatto per il tempo che se ne va. Gioca certo il vantaggio posseduto da un Papa carismatico che ha saputo sfruttare nel modo più efficace i mezzi di comunicazione di massa. Ma la disparità rimane, grave. Giacché il mondo laico ha l’enorme vantaggio di procedere nella direzione del torrente: da monte a valle.
Solo che se ne è dimenticato.
Il mondo laico, ormai, si limita a galleggiare. Non vede più la potenza che all’inizio del nostro tempo ha distrutto la tradizione. La potenza del pendio. E’ divenuto a sua volta una fede che si oppone a quella religiosa; un dogma in cui si ripete che Dio è morto o si esibisce un sussiego dietro il quale non c’è alcuna profondità. Continuando a voltare le spalle all’essenza della filosofia, oltre a galleggiare, si taglia il ramo su cui si è seduti. Forse si intravede la tragedia che, a valle, aspetta il torrente, ma si evita di guardarla in faccia e di assumersi la responsabilità del tempo presente. Che porta lontano dalle sicurezze del passato, ma di cui non si sa comprendere il senso, le possibilità, l’esito.